I magistrati che sbagliano ma non pagano per gli errori

“Gli innocenti non vanno in carcere”. La frase, pronunciata dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, aveva sollevato un polverone.

Poi, il Guardasigilli aveva cercato di chiarire la sua affermazione, spiegando che intendeva riferirsi alle persone assolte. Ma, come fa notare il Tempo, in tema di ingiusta detenzione, c’è un dato che è passato quasi inosservato. Si tratta del numero dei magistrati chiamati a rispondere dei propri errori, che sono costati il carcere a persone innocenti. I numeri sono contenuti nella Relazione annuale sull’amministrazione della giustizia, presentata in Parlamento qualche giorno fa, ma erano già consultabili anche nella Relazione sull’applicazione delle misure cautelari personali e sui provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, presentata in Senato nel 2019. Qui viene fatto presente che, nel 2018, i casi di ingiusta detenzione sono stati 509, ma solamente 16 magistrati sono stati chiamati a rispondere dei propri errori.

Nella Relazione, però, il ministro Bonafede sottolinea i miglioramenti fatti rispetto al passato sulle persone mandate in carcere ingiustamente. “È la prima volta che il ministero della Giustizia predispone, in modo strutturale, un simile capillare monito sulle ingiuste detenzioni – ha spiegato il Guardasigilli – Su mio diretto impulso, nei primi mesi del 2019 è stato ampliato lo spettro degli accertamenti dell’Ispettorato Generale sulla applicazione e gestione delle misure custodiali, estendendo la verifica a tutte le ipotesi di ingiusta detenzione e non soltanto alle cosiddette scarcerazioni tardive”. In passato invece si prendeva in considerazione solamente “l’indebita protrazione della custodia cautelare”, cioè le scarcerazioni tardive.

Gli interessati possono vedersi riconosciuto un indennizzo, in caso di sentenza di proscioglimento o assoluzione o in caso di carenza, in fase cautelare, dei “presupposti di legge”. Nel 2018, questi casi sono stati in totale 509: i casi più numerosi si sono registrati a Napoli (92), Reggio Calabria (65), Roma (62) e Catanzaro (48). Ma, nonostante i numerosi errori, solamente in 16 casi si è arrivati alla richiesta di un’azione disciplinare, in 14 casi per volontà del Ministero della Giustizia e in 2 della procura generale e Corte di Cassazione.

il giornale.it

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