Di Maio: “Non basta più un leader solo. Ora avanti con un comitato”

“Il Movimento è cambiato in questi anni e cambierà ancora”. Negli ultimi dieci anni i grillini hanno mutato pelle più volte e, stando alle parole di Luigi Di Maio, si apprestano a farlo di nuovo in occasione degli Stati Generali del 15 marzo prossimo.

Quel che nascerà sarà un M5S assai diverso sia da quello originario nato con i Vaffa-day sia dal Movimento che nel 2018 si è presentato alle urne da solo contro tutto e tutti. A marzo si decideranno le sorti del capo politico, un ruolo che, ogni giorno che passa, viene messo sempre più in discussione. “Il punto non sono le mie dimissioni da capo politico né da ministro degli Esteri, non si discute di questo, ma del futuro del Movimento”, è il ragionamento che, secondo la ricostruzione di Repubblica, Di Maio ha fatto ai suoi più fidati collaboratori. Secondo il titolare della Farnesina “non basta più un leader da solo” e anche l’idea di affiancargli un “vice-capo” pare sia stata accantonata. Nascerà, invece, un “collegio” che sarà diverso anche dal vecchio “direttorio” perché coinvolgerà tutte le anime (leggasi correnti) del Movimento Cinque Stelle. Sarà una sorta di “comitato” che dovrà guidare la nuova “cosa grillina” partendo dall’organizzazione e dalla rielaborazione dei valori e dei programmi. Di Maio, forte del sostegno di Beppe Grillo e Davide Casaleggio, continua ad essere amareggiato per il trattamento ricevuto dopo la sconfitta alle Europee del 2018: “Sono stanco delle pugnalate”, dice riferendosi alle continue fuoriuscite dei dissidenti e ai documenti in cui si contesta la sua leadership. Di Maio accusa di essere “stato lasciato solo” di fronte alle tante responsabilità che ha dovuto afffrontare sia come capo politico del M5S sia come membro dei due esecutivi guidati da Giuseppe Conte. Troppo pochi si sporcano le mani, anzi “a volte, mi è sembrato di farlo solo io”, ha detto. “E paradossalmente ora proprio quelli che non si sono più sporcati le mani, chiedono a me maggior coinvolgimento e dicono che le colpe sono solo mie”, ha aggiunto. Ecco, dunque, dove e come nasce la necessità di creare questa sorta di comitato con cui condividere gioie e dolori.

La ‘rifondazione grillina’ deve passare dalla consapevolezza che alcuni risultati sono stati raggiungi (reddito di cittadinanza) e altri no (Tav e Tap), ma è necessario andare oltre. Oltre l’antipolitica, attraverso una nuova spinta ecologista e un ritrovato europeismo. Tutto dipenderà dall’evoluzione che avrà il governo giallorosso e l’alleanza col Partito democratico che, nelle intenzioni dei due alleati, dovrebbe durare fino al 2023. Secondo Di Maio, a pesare nella debaclè del M5S, è stata l’alleanza con la Lega, ma esiste uno’zoccolo duro’ di elettori calcolabile attorno al 16-17% che vota i pentastellati a prescindere da quali siano gli alleati di governo. A tal proposito, Di Maio, nelle riunioni informali, ha ribadito che il Pd “si è rivelato meglio di quel che pensassi” perché “non ci impedisce” di tutelare “la nostra natura”, ma questo non significa automaticamente che nascerà un’alleanza organica con i democratici perché un simile passo non verrebbe “metabolizzato” proprio dall’elettorato storico dei grillini e perciò il M5S ha puntato tutto su una legge proporzionale pura che evita le alleanze prima del voto.

il giornale.it

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