Un documento incastra il Pd. Ecco il bluff di Bonaccini sui punti nascita

Leggi le dichiarazioni di questi giorni e ti convinci che i “punti nascita” sull’Appennino emiliano siano ormai un problema del passato. Tutto risolto. Stefano Bonaccini l’ha annunciato (“li riapriremo”), ringraziando il ministro Speranza per aver introdotto nel “Patto della salute” la revisione dei “parametri” che ne avrebbero provocato la chiusura.

Poi però vai a leggere il documento e qualcosa sembra non tornare: “Nel Patto – evidenzia uno dei comitati – non c’è neanche l’ombra dei punti nascita”.

Breve riassunto. Tra il 2014 e il 2017, nelle zone montane dell’Emilia Romagna chiudono i battenti quattro presidi. Si tratta di Porretta Terme (Bologna), Castelnuovo ne’ Monti (Reggio Emilia), Pavullo (Modena) e Borgo Val di Taro (Parma). La decisione, in tre casi su quattro, viene presa dalla giunta di Bonaccini, oggi candidato di nuovo a governatore. L’accordo Stato-Regioni, infatti, prevede che le strutture debbano realizzare almeno 1000 parti l’anno, riducibili a 500 in caso di “specifiche condizioni geografiche”. Le tre strutture “incriminate” ne realizzano di meno (nel 2016 dalle 122 alle 197 gravidanze), quindi per tenerle aperte occorrerebbe una deroga. La Regione chiede al Comitato Percorso Nascita del ministero della Salute un “parere”, ma il responso è negativo. E così dà “indicazioni alle aziende sanitarie di sospendere le attività” delle sale parto. Fine dei giochi.

Nel lontano 2017, al netto delle proteste dei comitati locali, la questione sembrava ormai un caso chiuso. “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare”, disse Bonaccini. La Regione sostiene di aver dovuto prendere atto del diniego alla deroga arrivato da Roma, anche se il ministero non può “imporre alcuna chiusura”. “Sono stata quattro volte al ministero – rivela Emanuela Cioni, del comitato di Porretta – e i miei interlocutori mi hanno sempre detto che la Regione avrebbe potuto decidere diversamente”. Giusto o sbagliato, il Pd rivendicò la propria scelta: “Fra qualche anno – dichiarò convinto l’assessore Sergio Venturi – quando saremo tutti più calmi, ce lo riconoscerete”. Le cose però non sono andate così, anzi. A rivedere la propria posizione alla fine è stato proprio il Pd, che ha sposato la campagna per la riapertura dei punti nascita dopo averne decretato la chiusura (leggi qui l’inchiesta).Partorienti senza punti nascita: la verità sul piano Bonaccini

La “svolta clamorosa”, come scriveva Repubblica, arriva a febbraio 2019, quando il centrosinistra approva una risoluzione per riaprire i punti maternità in montagna. Le opposizioni accusano il Pd di un “cambio di strategia in vista delle elezioni”, mentre Bonaccini chiede un incontro all’allora ministro Giulia Grillo senza ricevere risposta. Passano i mesi, dal Conte I si passa al Conte II, e a settembre si arriva a un vertice tra Bonaccini il nuovo ministro Speranza. Infine, l’annuncio di pochi giorni fa: “Riapriremo i punti nascita”. Il merito viene dato alla firma del Patto della salute in cui è prevista la “revisione del decreto ministeriale 70 per la disciplina dei punti nascita” (vero colpevole, secondo i dem, della chiusura delle sale parto di montagna). Bonaccini esulta e ringrazia l’esecutivo M5S-Pd per aver realizzato ciò che il “precedente governo non aveva saputo o voluto fare”. Ma i comitati locali sono scettici.

Il motivo è semplice. In verità il Patto per la salute, siglato da ministero e Conferenza delle Regioni (di cui Bonaccini è presidente), non cita mai i punti nascita. Mai. Basta verificare qui. Alla scheda 15 si parla solo di una generica “revisione” del decreto sugli standard dell’assistenza ospedaliera. Per il resto è tutto da vedere. Anzi: a quanto pare il riferimento alle sale parto prima c’era, ma col Pd è scomparso dall’accordo. Nella bozza pubblicata dal quotidiano sanità (leggi qui) del 27 maggio 2019 (quindi governo Conte I), all’articolo 16 si parlava chiaramente dei “punti nascita” e le parti si impegnavano addirittura a trovare una soluzione “entro 180 giorni dall’approvazione delle presente intesa”. Insomma: tutto nero su bianco. “Nel frattempo – ricorda il Comitato Salviamo le Cicogne – è caduto il governo (gialloverde, ndr) e in quello attuale, con il Pd tornato al governo, quell’impegno è sparito dal Patto per la salute”. In effetti, sfogliando le bozze via via rese note, i riferimenti ai punti nascita non ci sono più. E lo stesso vale per la versione definitiva sbandierata da Bonaccini e Speranza. “Per ora sappiamo solo che gli standard verranno ‘rivisti’ – conclude Cioni – ma questo non ci assicura che riapriranno i presidi. Tra il dire e il fare, in mezzo c’è il mare”. O almeno le elezioni.

il giornale.it

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