Bonino: “Incentiviamo gli ingressi di soggiorno per lavoro”

“In quasi vent’anni la gestione dell’immigrazione nel nostro Paese si è basata su misure di stampo securitario, inefficaci perché dettate dalla ricerca di consenso elettorale, costruite intorno all’illusione dei rimpatri con il conseguente e obbligato ricorso a sanatorie frequenti”. Emma Bonino parte da quest’analisi per presentare al quotidiano La Stampa una sua proposta di iniziativa popolare promossa insieme ai Radicali Italiani.

“Di fronte a fenomeni complessi come quello migratorio – spiega la leader radicale – ci vogliono tempo, capacità di analizzare i dati (demografici ed economici, in particolare), confronto con il mondo produttivo, visione di lungo termine. E poi ci vuole il coraggio di dire la verità, correndo il rischio di essere impopolari”, spiega la leader radicale che propone “la programmazione di canali di ingresso per lavoro e il contrasto all’irregolarità attraverso l’integrazione”. La proposta di legge di iniziativa popolare di cui è promotrice, intitolata “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari” è in esame alla Commissione affari costituzionali della Camera. Se venisse approvata tale legge consentirebbe di favorire l’ingresso per lavoro degli stranieri “ricorrendo all’intermediazione tra domanda e offerta, svolta da parte di enti pubblici o privati, quelli già indicati nella legge Biagi e nel Jobs Act come agenzie private per il lavoro, enti bilaterali, università, ai quali sono aggiunti i fondi interprofessionali, le camere di commercio e le Onlus” che farebbero da intermediari. Sarebbe, inoltre, introdotto “un permesso di soggiorno per comprovata integrazione che permetterebbe alle persone già presenti sul nostro territorio di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un lavoro, sottraendo così decine di migliaia di persone alla precarietà e all’illegalità, con un apporto positivo per tutti”.

Secondo la Bonino il sistema attuale ha fallito “perché non è stato mai realmente connesso al fabbisogno del mondo produttivo italiano: è così i canali d’ingresso attuali sono inutilizzati e criteri troppo rigidi impediscono a chi è in Italia di emergere dal nero e mettersi in regola”. Ed è per questo motivo che “l’unico modo per entrare in Italia è stato in questi ultimi anni la richiesta d’asilo, senza nessun tipo di programmazione dei flussi. Fino all’intensificarsi degli arrivi verso le nostre coste e allo sforzo e alla difficoltà di gestione di una situazione molto complessa, con pratiche buone e meno buone”.

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