Al volante pieni di alcol Il record nero dell’Italia: ogni anno 2mila morti

I numeri raccolti dalla onlus «Associazione familiari e vittime della strada» sono impressionanti: ogni anno in Italia 8 mila persone perdono la vita; 300 mila sono i feriti, ed oltre 20 mila i disabili gravi prodotti da questa guerra non dichiarata.

Di questi incidenti, il 25% (secondo gli ultimi dati Istat) sono riconducibili a «condizioni di guida alterate dall’uso di alcol e/o sostanze stupefacenti». Secondo le cifre incrociate da forze dell’ordine e ministero della Salute, gli «strafatti» che si mettono al volante dopo aver bevuto o sniffato hanno un’età media che va dai 19 ai 27 anni una fascia anagrafica considerata dagli esperti particolarmente a rischio sul fronte dell’equilibrio psicofisico; inoltre le ricerche dicono che il potenziale pirata stradale ha una buona disponibilità economica e un sufficiente grado di cultura. La dinamica della morte a Roma delle due giovani amiche, falciate da un 20enne sembra rispondere a questo identikit antropologico, anche se nel dramma in cui hanno perso la vita le povere Gaia e Camilla va ancora accertata (e non è un particolare da poco) se le vittime abbiano attraversato la carreggiata con il semaforo verde o rosso. Sta di fatto che la maggioranza dei giovani – nonostante lo spauracchio della nuova legge sull’omicidio stradale e di norme più severe – seguitano a sottovalutare gli enormi pericoli che si corrono mettendosi alla guida non perfettamente sobri. «Un bicchiere di vino e una birra – spiega la polizia stradale, in prima linea nell’azione di prevenzione repressione del fenomeno – vengono ancora percepiti come una quantità normale che consenta di porsi al volante senza rischi. E invece quella è una quantità che già dimezza enormemente i riflessi, riducendo di oltre il 40% la capacità di reazione dinanzi a un potenziale imprevisto». Se a ciò aggiungiamo che l’alcol spinge a correre sempre di più, le conseguenze sono facilmente immaginabili. Quando poi nel quadro della «guida patologica» si aggiunge anche la componente «droga», la possibilità di conseguenze tragiche si decuplica. Scuola e famiglia possono fare tanto, ma non sempre lo fanno, rassegnati forse all’idea che si può poco contro l’incoscienza di una «generazione balorda».

«L’Italia – denuncia l’Associazione vittime della strada – è il solo paese tra quelli europei più ricchi in cui il numero dei morti e dei feriti cresce sensibilmente anziché calare. Il parlamento Europeo ha chiesto all’Italia di ridurre del 40% in dieci anni questi numeri. A ciò lo Stato ha risposto con un sempre calante presidio del territorio e con un grave ritardo nell’adeguamento degli organici delle forze dell’ordine e delle norme del Codice della strada». La conclusione dei familiari di chi è stato ucciso dai pirati della strada è sconfortante: «Dopo ogni tragedia inizia un doloroso ed estenuante iter legale che dovrebbe portare alla individuazione delle responsabilità, alla punizione dei responsabili con pene commisurate alla gravità dei loro reati, e ad assicurare alle vittime o ai loro familiari un risarcimento equo. Ma tutto ciò non avviene quasi mai».

il giornale.it

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