Conte incontrò Salvini e Di Maio prima di firmare il parere su Retelit

Giuseppe Conte continua a difendersi e smentisce ogni possibile conflitto d’interessi. Nei scorse settimane il premier Conte è finito nel mirino del Financial Times per il presunto conflitto d’interessi sul caso Fiber, per il quale questa sarà alla Camera per chiarire la sua posizione.

Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio si è difeso e ha spiegato, in una lettera indirizzata al quotidiano finanziario, di aver agito alla luce del sole. “Le mie azioni – ha sottolineato il premier nella lettera inviata al Financial Times – sono state giudicate totalmente appropriate e alla luce del sole dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, responsabile per le indagini sui conflitti di interesse in Italia”. Per quanto concerne il presunto conflitto d’interesse, Giuseppe Conte spiega di essersi “formalmente e sostanzialmente astenuto” e di non aver nemmeno partecipato alla riunione del consiglio dei ministri che il 7 giugno 2018 decise di utilizzare il “golden power”.

Ripeterà questa versione stasera a Montecitorio. Il Financial Times aveva osservato che un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano al centro di un’indagine sulla corruzione finanziaria era alla base di un gruppo di investitori che assunse Conte – ora primo ministro italiano – per lavorare su un accordo perseguito poche settimane prima che assumesse la carica. “Conte – ha sottolineato il Ft – era un accademico di Firenze poco conosciuto quando è stato assunto a maggio 2018 per fornire un parere legale a favore di Fiber 4.0, un gruppo di azionisti coinvolto in una lotta per il controllo di Retelit, una società italiana di telecomunicazioni lo scorso anno. L’investitore principale in Fiber 4.0 è stato il Athena Global Opportunities Fund, finanziato interamente per 200 milioni di dollari dal Segretariato Vaticano e gestito e di proprietà di Raffaele Mincione, un finanziere italiano”.

Ora, il problema è che nella linea difensiva del premier c’è un buco non da poco. Come ha rivelato ieri sera Quarta Repubblica, programma condotto da Nicola Porro in onda su Rete 4, il 13 maggio, il giorno prima di firmare quella consulenza, in un albergo di Milano, l’avvocato aveva incontrato Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Riunione che, di fatto, preludeva alla sua investitura ufficiale da presidente del Consiglio. Un dettaglio certo non di poco conto. Conte ha confermato di avere ricevuto nei primi giorni del 2018, quando ancora svolgeva la professione di avvocato e non era stato designato presidente del Consiglio, dalla società Fiber 4.0. l’incarico di redigere un parere giuridico circa l’applicabilità della disciplina della cosiddetta “Golden Power” con riferimento alle operazioni compiute nei confronti della società Retelit. Il servizio di Quarta Repubblica, tuttavia, evidenzia un chiaro “buco temporale” che potrebbe mettere in seria difficoltà la linea difensiva del presidente del Consiglio.

Come aveva già rilevato Libero, dopo aver consultato alcuni documenti sul caso, il 20 aprile 2018 Raffaele Mincione – che Conte dice di non conoscere – sottopone la questione del golden power su Retelit al governo Gentiloni. Giuseppe Conte fornisce il suo parere il 14 maggio, quando già sapeva (il giorno dopo aver incontrato Salcini e Di Maio), come confermano alcune dichiarazioni pubbliche, di poter essere nominato nel governo gialloverde, in un ruolo importante. Conte si giustifica sottolineando di non aver partecipato al Cdm del 7 giugno che autorizza l’applicazione del golden power su Retelit: tuttavia, quella decisione era stata presa ben prima dello stesso 7 giugno, come confermerebbe il decreto del presidente del Consiglio.

il giornale.it

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