Claudio Borghi, il pericolo non è passato: “Spread, a gennaio potremmo tornare a parlare di uscita dall’euro”

“A gennaio potremmo ritrovarci di nuovo sotto pressione dello spread“. Claudio Borghi, economista, leghista e presidente della Commissione Bilancio della Camera, non ha tempo per esultare. L’accordo tra governo e Commissione Uesulla manovra italiana è a un passo, la telefonata del premier Giuseppe Conte al falco rigorista Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, avrebbe sbloccato la situazione e a mezzogiorno dovrebbe essere lo stesso Conte ad annunciare in Senato il via libera che aprirà le danze prima ai lavori della Commissione Bilancio e poi del voto di fiducia a Palazzo Madama. Ma non tutti i problemi sono stati risolti.

“Se avessero tirato ancora la corda, la gente in Italia sarebbe tornata a chiedersi davvero se convenga restare in Europa o no”, avverte Borghi alla Stampa, puntando poi la sua attenzione su un punto trascurato da tutti: “In Europa bisogna risolvere il problema della garanzia sul debito, che altri paesi hanno grazie alle loro banche centrali che li mettono al riparo. C’è nel pacchetto delle negoziazioni anche la garanzia della Bce? Sarebbe interessante saperlo e mi auguro che ci sia, altrimenti a gennaio potremmo trovarci per un motivo qualsiasi di nuovo sotto pressione dello spread, anche una volta scampato il pericolo di una procedura di infrazione. È successo nel passato, quando in estate lo spread tornò a schizzare in alto con Monti che aveva già fatto la riforma Fornero“.

Di fronte al no della Germania a riforme della governance europea, Borghi rilancia: “Bisognerà far ripartire il dibattito su quanto ci conviene stare in Europa. In compenso vedo un forte interesse politico da parte di questi euroburocrati in libera uscita di far vedere l’umiliazione del governo populista italiano. Ma nel momento in cui si valuta se un bilancio segue le regole non si possono fare due pesi e due misure: se da una parte all’europeista Macron si perdona anche il 3,5% di deficit, il populista Conte può ben fare il 2%, altrimenti si pone un problema democratico. Per essere dei populisti noi abbiamo dimostrato apertura e flessibilità superiori a qualsiasi previsione”.

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