“Trovatemi una moglie”: migrante devasta l’ufficio immigrazione. In passato aveva stuprato il compagno di cella

 

Berlino, 10 nov – È cominciato ieri in Germania il processo a Said K., un pakistano richiedente asilo che il 22 maggio scorso ha distrutto l’ufficio per la residenza e l’integrazione del distretto di Tuttlingen, sfogando la propria ira contro il Paese che lo ospita, reo di “non avergli trovato una moglie”.

Armato di un’asse di legno piena di chiodi, rubata da una vicina siepe, il 48enne si è scagliato contro gli arredamenti del locale, demolendo finestre e computer a bastonate, e ha minacciato tutti i presenti, dagli impiegati dell’ente pubblico ad alcuni passanti e automobilisti nei paraggi. Tra questi malcapitati ha rischiato in particolare una quarantenne tedesca, scampata all’assalto solo grazie ai finestrini della sua auto.

Già noto alle forze dell’ordine e all’ufficio immigrazione a causa di precedenti scoppi di ira, alternati a momenti di tranquillità, l’uomo ha gridato durante l’attacco una sorta di curioso ultimatum: “O mi trovate una moglie o mi rimandate in Pakistan!”. A quel punto, però, sulla strada dello squilibrato è comparso Bernd Mager, militante locale della CDU, che lo ha dapprima distratto e poi ingaggiato in un vero e proprio scontro fisico. L’uomo è rimasto lievemente ferito al volto e alle braccia ma è riuscito infine a immobilizzare l’aggressore a terra fino al sopraggiungere delle forze dell’ordine che lo hanno arrestato. Una volta fermato, i poliziotti si sono resi conto che la questura di Tuttlingen aveva istituito addirittura un gruppo di lavoro speciale il cui unico scopo era quello di chiarire l’identità del pakistano al fine di espellerlo: la sua domanda di asilo infatti era già stata respinta nel 2016, ma il rimpatrio non era stato possibile a causa dell’impossibilità di identificarlo, essendo il clandestino privo di ogni documento.

La posizione di Said K, nel frattempo, è peggiorata ancora dopo l’arresto. Il processo apertosi ieri, per cui è stata richiesta una pena detentiva di un anno e otto mesi, non è infatti l’unico a suo carico: c’è anche quello per lo stupro del suo compagno di cella, avvenuto poco tempo dopo. In merito a questo secondo episodio l’uomo ha ammesso immediatamente la propria responsabilità, ma ha fornito un tentativo di giustificazione al giudice. “Non mi faceva guardare la televisione”, ha spiegato, senza batter ciglio.

Di Alice Battaglia

Con fonte Il Primato Nazionale

 

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