Così il Colle fa da argine a Salvini & C.

Si avvicina inesorabile la legge di Bilancio, che pure nei governi più solidi e coesi è il banco di prova più delicato della tenuta di una maggioranza.

Scontato, insomma, che lo sia anche questa volta, con M5s e Lega in costante pressing sul ministro dell’Economia Giovanni Tria per spuntare qualche spicciolo in più. E con un sotterraneo quanto deciso braccio di ferro tra il cosiddetto partito dei tecnici – oltre al titolare di via XX Settembre c’è anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi – e i due vicepremier politici, Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Uno scenario che, da profondo conoscitore della politica qual è, Sergio Mattarella ha probabilmente messo in conto già da tempo. Al punto di scegliere consapevolmente di tenere un profilo basso nelle settimane passate per poi venire allo scoperto solo negli ultimi giorni. D’altra parte, con l’avvicinarsi delle scadenze legate alla legge di Bilancio è plausibile ipotizzare che i due vicepremier andranno ad alzare la tensione, un po’ per forzare la mano su Tria e un po’ per avere argomenti davanti ai propri elettori che aspettano flat tax, pensioni a quota cento e reddito di cittadinanza.

Così, la camera di compensazione che al Quirinale opera ormai da mesi sotto traccia per cercare di riequilibrare gli strappi che arrivano da M5s e Lega è ormai da 48 ore sotto gli occhi di tutti. Mattarella, infatti, ci ha tenuto a dire la sua su diversi fronti, mettendo in fila uno dopo l’altro i punti più delicati delle politiche del governo gialloverde. Intanto, dice il capo dello Stato al vertice Arraiolos di Riga, l’Unione europea «non può essere messa in discussione». Un concetto che ribadisce contrastando esattamente gli argomenti che Salvini – ieri a Vienna per la Conferenza Ue su sicurezza e immigrazione – porta a sostegno della sua politica. Mattarella dice dunque «no» a «mercanteggiamenti sul bilancio» perché «i benefici dell’integrazione non sono quasi mai monetizzabili interamente». E dice «no» anche ai nazionalismi, una parola che gli provoca «un’innata idiosincrasia». Poi, proprio mentre Salvini incrocia le armi con il ministro degli Esteri del Lussemburgo Jean Asselborn, il capo dello Stato spiega che bisogna «superare il clima di ostilità nell’Ue».

Insomma, un Mattarella che sembra intenzionato a fare sempre più da argine alle accelerazioni del governo. Costretto a giocare in prima linea anche dall’estrema debolezza di Giuseppe Conte. Un premier che è andato oltre le più nefaste previsioni del Colle. Perché una cosa è un presidente del Consiglio fragile, persino fragilissimo. Altra è un premier che non c’è.

 

IL GIORNALE.IT

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