Investirono e uccisero 29enne. Uno dei rom libero dopo 2 mesi

“Sono un amico di Duccio e della sua famiglia, mi meraviglio di quanto sia stato deciso.

Sono passati appena 65 giorni da quella brutta giornata e quell’uomo è di nuovo fuori?”. Inizia così la lettera di un conoscente di Duccio Dini, il ragazzo di 29 anni travolto a Firenze da alcune auto lanciate a tutta velocità da un gruppo di rom che si rincorreva. L’indignazione è montata dopo che uno degli arrestati, un 27enne di origine macedone, è stato scarcerato nei giorni scorsi e ha “potuto festeggiare Ferragosto in famiglia come se nulla fosse”.

Il 27enne (accusato di tentato omicidio) è l’unico dei sei che erano stati arrestati (accusati di omicidio volontario) a finire ai domiciliari. Eppure questo basta per scatenare la protesta della politica (bipartisan) e le ire dei conoscenti.

“Siamo amareggiati, questa vicenda dimostra che il sistema penale italiano va rivisto”, ha detto l’assessore piddino al Welfare di Firenze Sara Funaro”. Sdegno condiviso anche da Francesco Torselli, consigliere comunale di Fdi: “Chi è razzista? Chi prova schifo e vergogna per una notizia simile o chi offende la memoria di un’ intera comunità permettendo a questo “bravo ragazzo” di cavarsela con 65 giorni di carcere?”. E Giorgia Meloni, su Facebook, ha rincarato la dose: “Apprendo con sconcerto della scarcerazione di uno dei Rom responsabili della morte del 29enne Duccio Dini. Dopo soli due mesi di carcere ha potuto festeggiare Ferragosto in famiglia come se nulla fosse. Vale così poco la vita di un italiano? Sono veramente schifata!”.

A colpire più di tutto è però la lettera, pubblicata da Libero, con cui un conoscente di Dino Duccio ha espresso tutta la sua rabbia per una scarcerazione che ritiene ingiusta. “Fin dal primo momento – scrive – tutte le persone vicine a Duccio e alla sua famiglia si sono strette chiedendo a gran voce ‘giustizia e pena certa’. Speravamo che questa volta, non accadesse quello che accade troppo spesso. Tutti avevamo paura che, passato un po’ di tempo e una volta spente le luci sulla vicenda, le persone coinvolte nell’ omicidio potessero uscire di carcere, senza scontare la pena che meritano. E, purtroppo, è proprio quanto successo in questi giorni”.

La rabbia è tanta, l’incredulità pure. “Nessuno di noi voleva crederci – continua la lettera – abbiamo sperato fino alla fine non fosse vero. E invece…ci tengo a precisare che non è questione di etnia e non è questione di colore. Ma solo di giustizia: chi sbaglia, qualunque lingua parli, deve pagare. Esistesse la certezza della pena, qualcuno di sicuro ci penserebbe qualche secondo in più prima di mettersi nei guai. Oggi nessuno ha paura, sanno in un modo o nell’ altro di farla franca. Chiedo a tutti: dove è finita la giustizia? Dove è finito il rispetto verso il prossimo? Finché non sarà garantita la legalità sarà difficile sentirsi al sicuro”

IL GIORNALE.IT

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