L’esecutivo tradisce le periferie Tolti 2 miliardi a chi l’ha votato

E ra una delle pagine più alte della politica italiana degli ultimi anni: quasi 4 miliardi di investimenti per riqualificare e rilanciare le periferie degradate del profondo Nord e del Sud più abbandonato.

Due miliardi portati in dote dal governo, un tesoro di poco inferiore, 1,8 miliardi, frutto dell’impegno di molti enti, spinti dall’energia dello Stato capofila. Interventi a Milano e Roma, anzitutto, ma anche in tanti altri centri di medie dimensioni, da Bolzano a Trapani, per lucidare la cartolina Italia. Centoventi i progetti approvati e finanziati nel 2016 dall’esecutivo Renzi e poi seguiti da quello Gentiloni che a Natale scorso aveva faticosamente concluso la firma di innumerevoli convenzioni con legioni di amministratori locali.

Ora l’intera operazione rischia di saltare, anzi il misfatto è già mezzo compiuto: un emendamento al dl Milleproroghe proposto dal governo gialloverde e votato al Senato ha di fatto cancellato due anni di lavoro. Il piano è rinviato al 2020, ma di fatto finisce su un binario morto, come anticipato ieri dalla Stampa. «Sono esterrefatto – spiega al Giornale Osvaldo Napoli, volto storico di Forza Italia e membro del direttivo dell’Anci, l’Associazione dei Comuni tricolori – il voto al Senato è un tradimento verso gli oltre 20 milioni di connazionali che dovrebbero ricavare benefici dagli interventi in programma. A settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, daremo battaglia alla Camera, ma questa non è una questione che riguarda un singolo partito. Per questo mi auguro che nel Paese si sviluppi un movimento trasversale per non bloccare i moltissimi cantieri sul punto di partire.

Dopo la lunga fase preliminare, molte opere sono sulla rampa di lancio. L’elenco è assai lungo e suggestivo. Si parte con Bari, prima in graduatoria, con un progetto da 100 milioni, di cui 40 messi sul piatto dal governo. E si prosegue con Avellino, dove lo Stato dovrebbe iniettare 17 milioni su 45 complessivi, e Lecce che aspetta interventi per oltre 109 milioni di euro.

A Milano è prevista la «rigenerazione urbana» del faticoso quartiere Adriano, a Biella la riqualificazione del Villaggio Lamarmora, a Forlì quella del centro storico e dei borghi.

Un work in progress che sul più bello entra nel freezer, lasciando i primi cittadini in un mare di guai. «Noi abbiamo firmato un contratto con il governo Gentiloni e siamo partiti con i progetti e gli anticipi di cassa – racconta il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani – adesso dovremmo ingranare la retromarcia o bloccarci in stand by. Ma siamo impazziti? Fra l’altro, abbiamo coinvolto in un meccanismo virtuoso altri enti, come le Ferrovie dello Stato che hanno impegnato 5 milioni di euro per ridisegnare con il Comune l’area davanti alla stazione. Adesso tutto rischia di crollare innescando furibonde dispute giuridiche. Pure con la Curia che a sua volta si è messa in gioco con oltre 3 milioni di interventi. Il risultato finale – spiega il sindaco, vicino a Forza Italia – è che si manda un messaggio negativo al Paese: si girano le risorse, i soldi destinati a noi, ai Comuni in predissesto, quelli che non hanno saputo gestire i conti. E contemporaneamente si spingono verso il default le amministrazioni più oculate che, facendo i salti mortali, avevano presentato bilanci sostenibili».

Sulla stessa linea il sindaco di La Spezia, Pierluigi Peracchini: «Questo blitz ci mette in una situazione difficilissima. Noi siamo molto avanti, con questi 56 milioni abbiamo pensato di adeguare le fognature di interi quartieri che oggi versano i rifiuti in mare e proprio oggi abbiamo assegnato il primo bando. Adesso dovremmo fermare tutto?».

La risposta è scontata: se a settembre Montecitorio non correggerà il tiro, la partita andrà avanti a colpi di carta bollata. Davanti ai Tar di mezza Italia. IL GIORNALE.IT

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