Marcello Foa in Rai, Pietro Senaldi: la vergogna del Pd e il sospetto su Forza Italia

L’indicazione di Marcello Foa a presidente della Rai ha mandato fuori di testa la sinistra, che gli sta scaricando contro ogni tipo di accusa. Perfino un refuso nel suo messaggio di ringraziamento su Facebook, rimasto in rete dieci secondi e prontamente corretto, è un pretesto per attaccarlo. Franco Bechis, qui sopra, si incarica di fare il ritratto del professionista e di smontare le corbellerie che la macchina del fango democratica gli sta vomitando addosso in queste ore. Io qui mi limito a un ricordo personale e a una considerazione generale.

La sola colpa che Foa deve espiare è quella di avermi instradato nella professione. Era lui il capo degli Esteri al Giornale di Feltri, la prima redazione in cui misi piede, da stagista della scuola di giornalismo. Fu accogliente, mi insegnò qualche rudimento, e provò pure a farmi avere un contratto a tempo, dietro l’insistenza di Nicola Crocetti, fondatore di Poesia, l’unica pubblicazione italiana del settore, mio grande padrino. La cosa poi non si concretizzò, ma negli anni non ci siamo mai persi di vista, rivedendoci sempre con piacere quando capitava. Gli rimasi affezionato, pensavo che avesse naso, visto che voleva darmi una possibilità. Non ho mai avuto la sensazione che fosse un complottista, un amico dei russi, un doppiogiochista, un collega poco rispettoso delle istituzioni

Chi da sinistra lo attacca oggi, probabilmente non l’ha mai neppure visto di persona. Foa ha opinioni chiare e suffragate da esperienza e ragionamenti. Cercano di farlo passare per un esagitato quando è l’uomo più serafico del mondo. È capace di sostenere dibattiti accesi nei contenuti senza scomporsi né alzare la voce di un decibel, con un’eleganza rara. Conosce il sistema dell’informazione e i suoi inganni, che ha mirabilmente svelato nel suo libro «Gli stregoni della notizia», dove spiega come i guru dei politici riescano a manipolare l’opinione pubblica facendo passare il bianco per nero e viceversa. Dicono sia sovranista. Per me è semplicemente un analista equilibrato e che non segue il coro, estremamente aperto anche nella sua esperienza di editore, nel Canton Ticino.

COSA LORO
Quanto alla considerazione generale, la levata di scudi alla quale stiamo assistendo da parte democratica è sconvolgente, se solo ci si ferma ad analizzarla. La riforma della Rai l’ha fatta il Pd, di recente, mettendo la tv pubblica sotto il Tesoro, quindi sotto il governo. I dem la fecero quando si illudevano che avrebbero governato per anni, perché attraverso essa volevano garantirsi il controllo totale dell’informazione. Ora che qualcuno applica la loro norma, per quale ragione si lamentano? Dovrebbero rallegrarsene. E poi, anche prima della legge del Pd, chiunque andasse al potere ha sempre messo le mani sulla tv pubblica. La sinistra ci ha imposto come presidenti Zaccaria, Petruccioli, la Annunziata, Siciliano, persone sulle quali non ho nulla da dire ma che certo avevano la Falce e il Martello tatuati nel dna. A loro, nessuno si è mai permesso di fare l’esame del sangue. Quando invece tocca agli altri scegliere, la sinistra sale immancabilmente sulle barricate, chiunque sia il predestinato, non va mai bene. Forse perché da quelle parti sono convinti che la tv di Stato sia cosa loro.

CORTOCIRCUITI
Siccome per entrare ufficialmente in carica come presidente, la settimana prossima Foa avrà bisogno di una maggioranza qualificata in Parlamento, in queste ore stiamo assistendo a un grottesco tentativo da parte del Pd di convincere Forza Italia a non votarlo. Avendo Marcello lavorato per 25 anni nel giornale di famiglia del leader azzurro, riterrei curioso che onorevoli e senatori berlusconiani non dessero la fiducia a un uomo che il loro capo ha stipendiato per un quarto di secolo. Sarebbe uno di quei tipici e incomprensibili cortocircuiti della politica che hanno contribuito ad allontanare i cittadini dal Palazzo. E legittimerebbe l’elettore di centrodestra a chiedersi da che parte sta Forza Italia: con Renzi o con Salvini?

 

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