Giorgia Meloni, fuga da Fratelli d’Italia: chi va con la Lega e perché per Matteo Salvini non è un affare

Il vento gonfia le bandiere di Pontida e trascina su quel pratone gli stendardi un po’ derelitti degli alleati di centrodestra in astinenza di potere. Se a farne le spese è soprattutto, in termini quantitativi, Forza Italia, a essere esposta al rischio del risucchio è soprattutto l’ ala destra della coalizione. Negli ultimi tempi i sondaggi danno Fratelli d’ Italia ben sotto il 3 per cento, e sotto quella percentuale si annega. Un destino immeritato, e dovuto anche alla schiena molto flessibile di gente che siamo abituati a immaginare sull’ attenti e magari a saltare impavida in cerchi di fuoco. Balle.

Il bollettino registra giornalmente la diserzione di ufficialetti e caporali dal piccolo esercito della Pulzella non d’ Orléans ma “de Roma”, la nostra meravigliosa Giorgia d’ Arco, ma con sempre meno frecce. A coppie, a gruppetti si tolgono la divisa di Fratelli d’ Italia e – come da antica furbizia italica – si mettono in borghese, imboscandosi nei cosiddetti “gruppi misti”, per purificarsi, e quindi dirigersi con passo da pantera rosa, anzi verde, verso le insegne del Carroccio. Nomi? Dicono poco. Sono quadri, come si dice, di notorietà locale, ma colpisce che siano specialmente laziali, territorio che sta a questo partito, erede di Msi e An, come le Valli Bergamasche alla Lega.

LA CALAMITA
Ecco che dal Campidoglio se ne vanno due consiglieri comunali, Maurizio Politi e Francesco Figliomeni. E così la pattuglia di FdI al consiglio comunale di Roma si dimezza. Via anche un ex consigliere regionale, Fabrizio Santori (rimasto fuori all’ ultimo giro pur avendo preso 8.500 preferenze) e Federico Iadicicco, vicino al mondo cattolico, che aveva sfidato la Bonino al Senato. Via, infine, sei consiglieri dei municipi V, XI e XII dell’ Urbe. In Lombardia, dopo il voto, aveva lasciato la consigliera regionale di Brescia, Viviana Beccalossi. Mettendosi a disposizione del leghista vincente, Attilio Fontana, aveva denunciato la linea «supina e ondivaga» di Giorgia. Supina non proprio, anzi più tosta che mai. Nulla da rimproverarsi, nessun cedimento ideale. Anzi persino troppo zelo. Ha superato a destra la Lega sui migranti, chiedendo il blocco navale della Libia. Una linea rispetto alla quale Salvini appare un buonista moderato che si limita a chiudere i nostri porti, invece dovremmo andare, secondo la Meloni, a serrare con le cannoniere i golfi della Sirte e la baia di Sabratha.

Quanto al “decreto dignità”, Giorgia l’ ha bollato, non a torto, come «marxista». E allora perché c’ è questo sgocciolio notturno che non la fa dormire, e se ne vanno, proferendo parole all’ apparenza dignitose, ma piuttosto gaglioffe?
Ma certo. È la forza di gravità del pianeta che cattura i piccoli corpi astrali e trascina nella propria atmosfera rottami poco celesti. Poche storie però: è la calamita del potere. Non c’ è nulla da fare: l’ umanità è questa, tanti ideali, alcuni dei quali in vendita.

Pochissima gente se ne va abbandonando il generale vincitore, al massimo si lamenta se la distribuzione del bottino non è stata soddisfacente. Stavolta l’ alleanza di centrodestra aveva vinto. E la colpa di Giorgia Meloni è stata quella di non essere entrata al governo con il suo partito.

Salvini la voleva, la stima, sa che è più fedele di Penelope, aveva accettato le sue condizioni programmatiche, offerto un ministero. Matteo però, che ha messo nel sacco Macron e Merkel, non ha saputo convincere un omino di burro come Di Maio E così plin, plaffete, plin: il partito gocciola nella gran vasca leghista.

PATRIOTTISMO LIMPIDO
Dai, Salvini: ferma questo stupido deflusso che avvelena le tue acque. Non dare speranze ai volta-gabbana nera. Dai un segno di lealtà a Giorgia, mettendo in riga i tuoi gregari che lusingano transfughi di un partito a mio giudizio indispensabile nel bouquet della vera alternativa a questo regime, di cui per tanti versi M5S è una protuberanza, dalla quale alla fine dovrai sganciarti.

Giorgia Meloni, anche se quei volgarotti della Lega la ritengono un “bel bocconcino”, non merita di essere mangiata. Sarebbe un atto di cannibalismo incestuoso, e provocherebbe alla lunga una rovina politica del partito fu-nordista, perché l’ indigestione debilita, introduce nell’ organismo sano elementi alieni, pronti a succhiare invece che a dare. Diffonderebbe l’ idea di un appetito smodato, di un’ arroganza da signorotti. Dimostrerebbe che la sinistra non è la sola a sventolare la propria superiorità morale, salvo quella di tutti gli altri. I rom rubano il rame, ma non è una bella cosa neanche essere ladri di Meloni.

Per cui il nostro amabile e ribadito consiglio alla Lega è di astenersi dalla ricettazione di scatolame in scadenza proveniente dal negozio di Giorgia. Le lasci il tempo di rimettere insieme un’ offerta degna della sua bottega di destra, che ha rinunciato alla nostalgia e ai cimeli, ma rappresenta un’ irrinunciabile casamatta di patriottismo limpido. Sappiamo che Giorgia è scomoda per tutti. Si è assunta sin da principio un compito difficile e poco popolare nel rassemblément.

Tra Berlusconi e Salvini, in perenne tensione per comandare, è quella che ha il coraggio di dire alt!, basta così, ci sono cose che non hanno prezzo, ed è l’ unità della nostra gente. Guai a esagerare con i compromessi. Ed è una cosa che bisognerà che la Lega, governando con asini pentastellati, eserciti un po’ di più, impari dalla Meloni. Meno male che c’ è.

 

 

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