Il piccolo Alessandro ucciso a soli otto mesi dal padre: la notizia è appena arrivata

Dopo oltre dieci anni trascorsi in carcere, Antonio Rasero, l’ex broker genovese condannato per l’omicidio del piccolo Alessandro Mathas, tenta di ottenere un permesso premio. La richiesta, che ha immediatamente riacceso le polemiche, prevede la possibilità di uscire dalla cella per otto ore, dalla mattina alla sera, per far visita ai familiari presso la loro abitazione.
Il caso, che ha scioccato l’Italia nel 2010, torna quindi a far discutere. Il tribunale di Sorveglianza aveva inizialmente respinto l’istanza di Rasero, ma la difesa, guidata dall’avvocato Cristiano Mancuso, ha presentato reclamo. La nuova udienza è fissata per domani, mercoledì 14 maggio, davanti al collegio giudicante.
La vicenda giudiziaria di Rasero è stata lunga e travagliata. Condannato a 26 anni in primo grado a Genova, fu poi assolto in appello. La Cassazione, tuttavia, annullò la sentenza assolutoria, ordinando un nuovo processo celebrato a Milano, dove la condanna a 26 anni venne confermata e successivamente ratificata dalla Suprema Corte nel 2017. Ad oggi, Rasero ha scontato poco più di dieci anni di pena.
I fatti risalgono al marzo del 2010. Il piccolo Alessandro Mathas, di appena otto mesi, figlio di Katerina Mathas, fu trovato senza vita nell’appartamento di Rasero, nel quartiere di Nervi, a Genova. Secondo le ricostruzioni, la madre si era allontanata per cercare droga, mentre l’uomo, sotto effetto di cocaina, avrebbe perso il controllo. L’accusa sostiene che Rasero abbia colpito violentemente il piccolo contro lo spigolo di un divano perché non smetteva di piangere.
Entrambi i genitori erano stati arrestati, ma Katerina Mathas fu successivamente rilasciata. La sua posizione fu stralciata e venne condannata in via definitiva a quattro anni per abbandono di minore con morte conseguente.
La richiesta di permesso premio di Rasero riaccende i riflettori su una tragedia che ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva. La decisione del tribunale potrebbe segnare l’inizio di un percorso verso benefici carcerari, sollevando interrogativi sulla giustizia e sulla possibilità di redenzione, a fronte di un crimine così efferato.