Putin rinomina “Stalingrado” l’aeroporto di Volgograd per compiacere i veterani della guerra in Ucraina

Un ritorno simbolico al passato sovietico: in occasione dell’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, il presidente russo Vladimir Putin ha ufficializzato la rinomina dell’aeroporto internazionale di Volgograd in “Stalingrad”, rispolverando un nome carico di memoria storica e identità nazionale. La decisione è stata annunciata dal Cremlino al termine di un incontro tra Putin e il governatore della regione di Volgograd, Andrey Bocharov, che ha sottolineato l’ampio sostegno ricevuto da parte di veterani e soldati impegnati nell’operazione militare speciale in Ucraina.
Il peso storico del nome Stalingrad
Stalingrad non è un nome qualsiasi nella memoria collettiva russa. Fu proprio con questo nome, tra il 1942 e il 1943, che la città fu teatro di uno dei più feroci assedi della Seconda guerra mondiale. Il conflitto si concluse con l’operazione Urano, la grande controffensiva dell’Armata Rossa che ribaltò le sorti della guerra contro la Germania nazista. Quella battaglia rappresenta ancora oggi un simbolo di resistenza eroica, e il nome Stalingrad evoca sacrificio, patriottismo e vittoria.
La città portò questo nome dal 1925 al 1961, quando venne rinominata Volgograd durante il processo di destalinizzazione voluto da Nikita Kruscev, nell’ambito di un più ampio tentativo di smarcarsi dalla figura ingombrante di Josef Stalin. Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, la Russia guidata da Putin ne recupera il valore simbolico, in un contesto politico e ideologico che guarda sempre più al passato sovietico per legittimare il presente.
Il decreto come risposta ai soldati e ai veterani
La scelta di ristabilire il nome Stalingrad è stata presentata da Putin come una risposta al desiderio espresso dai veterani e dai militari impegnati al fronte. “La loro parola è legge per me”, ha dichiarato il presidente russo, precisando che avrebbe firmato il decreto subito dopo il ritorno a Mosca. Una mossa che si inserisce in una strategia precisa: rafforzare il legame con l’apparato militare e con quella parte della popolazione che sostiene l’attuale politica estera russa.
Il riferimento ai soldati non è casuale. Dopo l’esperienza dell’ammutinamento della compagnia Wagner, terminato senza conseguenze dirette ma con un forte impatto simbolico, il Cremlino appare determinato a non sottovalutare più il peso politico dei combattenti. Soddisfare le loro richieste – anche quelle dal valore più simbolico – diventa dunque un tassello cruciale per la tenuta del regime, soprattutto in un contesto internazionale complesso e in rapido mutamento.
Forum e retorica patriottica
Nel corso della sua visita a Volgograd, Putin ha partecipato anche al forum intitolato “Grande eredità – Futuro comune”, ribadendo il valore unificante della Vittoria nella Grande guerra patriottica. “Durante la guerra, i nostri popoli hanno affrontato insieme le prove più difficili – ha dichiarato –. La sconfitta del nazismo è la nostra eredità comune”. Un messaggio rivolto non solo ai cittadini russi, ma anche ai popoli delle ex repubbliche sovietiche, con cui Mosca tenta di mantenere un filo diretto attraverso il richiamo ai valori condivisi della lotta contro il fascismo.
Alla cerimonia ha preso parte anche il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, segno della rinnovata alleanza strategica tra Russia e Bielorussia. I due leader hanno deposto insieme corone di fiori al memoriale dedicato ai caduti della battaglia di Stalingrado, rafforzando l’immagine di una fratellanza militare e ideologica tra i due Paesi.
Nuova architettura di sicurezza
Putin ha colto l’occasione per affrontare anche il tema della sicurezza internazionale, proponendo la costruzione di una “nuova architettura di sicurezza eguale e indivisibile”, che non comprometta la sovranità di nessuno Stato. Un messaggio che si pone in contrapposizione all’attuale ordine geopolitico e che, nelle intenzioni del Cremlino, rilancia la visione russa di un mondo multipolare fondato su equilibri diversi da quelli occidentali.
La rinomina dell’aeroporto di Volgograd in “Stalingrad” si inserisce dunque in un’operazione più ampia, che mescola memoria storica, retorica patriottica e strategie politiche interne. Un gesto che va oltre il simbolismo e che rivela il tentativo di consolidare il consenso in patria attraverso la valorizzazione del passato sovietico, mentre sullo sfondo continua il conflitto in Ucraina e la Russia cerca di rafforzare la propria posizione sullo scacchiere internazionale.