Garlasco, la giudice dà il via libera: nuove analisi genetiche anche sul DNA delle gemelle Cappa

L’obiettivo attuale è analizzare in dettaglio ogni elemento biologico rinvenuto su reperti finora mai esaminati, come confezioni di alimenti, tappetini, adesivi e vari oggetti sequestrati durante le indagini di anni fa o trovati nelle recenti operazioni di perquisizione.
Una nuova udienza è già programmata per il 24 ottobre, quando si discuterà l’andamento delle analisi genetiche in corso.
L’avvocato Tizzoni chiede chiarezza: “Perché non indagare anche nel giardino di Stasi?”
Tra le osservazioni più significative emerse durante la giornata, spicca quella dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, che ha accompagnato i genitori di Chiara in tribunale per l’inizio dell’incidente probatorio. «Dopo tanto tempo – ha dichiarato ai giornalisti – sorprende pensare che non sia mai stato effettuato uno scavo nel giardino di Stasi, né siano state cercate prove nei canali che circondano la sua abitazione. Oggi finalmente ci si sta muovendo anche in quella direzione, ma ci si sarebbe potuti arrivare primaᄏ.
Il riferimento è alle recenti operazioni di ricerca nel canale di Tromello, vicino alla casa della nonna delle gemelle Cappa, dove è stato scoperto un martello che potrebbe essere compatibile con le ferite inflitte a Chiara Poggi. Sebbene al momento non ci sia certezza riguardo a una reale connessione col delitto, il ritrovamento ha spinto i magistrati a approfondire ulteriormente la pista e a includere nuovi soggetti nel confronto genetico.
“Difendiamo una verità già stabilita”
«Non ci opponiamo agli accertamenti, dato che non potremmo farlo – ha proseguito Tizzoni – ma siamo convinti della verità giudiziaria già stabilita in modo definitivo. Ci auguriamo solo che tutto ciò che viene fatto ora possa essere messo in relazione con quanto già ricostruito; altrimenti, queste nuove operazioni rischiano di risultare infruttuoseᄏ.
Un quadro investigativo che si complica
La riapertura del caso Garlasco, con un’indagine che coinvolge ora tre magistrati, un ampio numero di reperti riesaminati e nuove testimonianze raccolte, si inserisce in uno scenario investigativo sempre più complesso. Il confronto tra DNA, le perizie già acquisite e il materiale recuperato dopo quasi vent’anni dal delitto potrebbe riscrivere parti della storia processuale o, al contrario, rafforzare ulteriormente l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere.