Selvaggia Lucarelli condannata: dovrà risarcire 65mila euro a Claudio Foti per diffamazione su Bibbiano

Selvaggia Lucarelli condannata: cos’è successo

Il Tribunale di Torino ha condannato la giornalista Selvaggia Lucarelli per diffamazione aggravata ai danni dello psicoterapeuta Claudio Foti, figura centrale ma assolto nel caso Bibbiano. Dovrà risarcire 65mila euro a Foti, oltre a pagare una sanzione pecuniaria di 15mila euro, per cinque articoli pubblicati tra il 2019 e il 2020 su Il Fatto Quotidiano.

“Scrittura suggestiva per screditare”

Nella sentenza, come riporta AGI, la giudice Claudia Gemelli sottolinea che in almeno due articoli Lucarelli avrebbe “costruito frasi con l’intento di associare Foti a casi drammatici come il suicidio di imputati”, e in un terzo avrebbe ridicolizzato la sua attività “amplificando lo scherno col titolo”, con una “pervicace volontà diffamatoria”.

Foti: “Trattato da mostro senza prove”

Assistito dall’avvocato Luca Bauccio, Claudio Foti ha visto riconosciuta la propria tesi: quegli articoli lo avrebbero trasformato agli occhi dei lettori in un colpevole, pur essendo stato assolto. “L’informazione non può diventare gogna. A nessuno è permesso ergersi a giudice”, ha commentato Bauccio.

Il nodo Bibbiano e il processo mediatico

Nel mirino, la narrazione mediatica legata al caso Bibbiano, una delle vicende giudiziarie più controverse degli ultimi anni. Secondo Bauccio, “troppi politici e influencer hanno usato questa tragedia per guadagnare visibilità e voti”. La condanna a Lucarelli è vista come “una vittoria contro i processi sommari fatti fuori dalle aule giudiziarie”.

Il commento dell’avvocato: “Chieda scusa”

Non basta essere indagati per diventare mostri”, ha concluso Bauccio. “Lucarelli chieda scusa a Foti per la gogna inflitta, invece di rilanciare accuse infondate e atteggiarsi a custode della verità. Noi continueremo a lottare perché emerga tutta la verità su quegli anni bui”.

Dei complessivi otto articoli contestati, tre sono stati giudicati non diffamatori. Ma per gli altri cinque, la responsabilità è chiara: “accuse costruite, senza fondamento, per impressionare il lettore”, scrive la giudice. Una pagina dura per il giornalismo di opinione, che torna a interrogarsi sui suoi limiti.

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