“SONO GAY”. 15ENNE FA COMING OUT CON I GENITORI: LORO LO PICCHIANO

Al giorno d’oggi risulta ancora difficile essere compresi su questioni delicate come la propria sessualità ed il proprio orientamento sessuale. Lo ha provato sulla propria pelle questo ragazzino appena 15enne, che ha dovuto fare i conti con la violenta ostilità dei suoi genitori, proprio quelle figure da cui cercava maggiore conforto.

Una violenza assolutamente ingiustificabile e folle quella che si è abbattuta sul povero 15enne, ‘colpevole’ solo di aver aperto il proprio cuore ai genitori. Questi ultimi gli hanno subito manifestato il proprio disappunto, rinfacciandogli in particolare di trasgredire alle norme morali della propria religione: ecco come sono andati i fatti.

L’ACCADUTO

Meditava da tempo di confidarsi con i propri genitori, seppure era ben consapevole del loro possibile disappunto. Certamente non poteva mai immaginare che la sua confessione avrebbe scatenato a tal punto l’ira dei genitori, i quali hanno sfogato la propria rabbia picchiando violentemente il 15enne ed umiliandolo con frasi ingiuriose.

Il ragazzino aveva dapprima mandato un messaggio ad entrambi i genitori con su scritto semplicemente “sono gay“, per poi recarsi a casa sperando in una comprensione che purtroppo non c’è stata. A prendere il sopravvento è stata invece la rabbia e la violenza, che si è scagliata contro il povero ragazzino inerme, il tutto condito dalle urla di entrambi i genitori egiziani che lo accusavano di aver trasgredito ai dettami del Corano, che vieta appunto rapporti tra lo stesso sesso.

Un violento schiaffo l’ha fatto cadere dalle sedia, per poi essere preso a calci e umiliato con affermazioni disdicevoli: “Vuoi sposarti con un uomo? Allora tirati giù i pantaloni che ti…”– urlava il padre in preda ad un profondo scatto d’ira. I genitori del ragazzo sono stati condannati dal Tribunale di Milano, per giunta con l’aggravante della discriminazione, per le accuse di lesioni personali, omissione di soccorso e concorso omissivo. “L’aggressione perpetrata dal padre è stata nitidamente ispirata da sentimenti di odio verso l’autonomia manifestata dal minore sulle proprie scelte di genere“- ha sostenuto nella sentenza il giudice Luca Milani, che, contestualmente, ha rilevato come la madre “aveva l’obbligo giuridico di impedire le lesioni“, omettendo per giunta di prestare le cure dovute al ragazzo dopo l’aggressione del padre.

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