Recovery Fund: le elezioni in Olanda agitano Bruxelles

Dopo un anno dallo scoppio dell’emergenza pandemica in Europa la risposta comune dell’Ue è, almeno ad oggi, poco più che retorica. L’osannato Recovery Fund, contenitore di somme da elargire in più anni e solo con stringenti condizionalità, non ha ancora tempistiche né modalità di formazione certe. Tuttavia, ad allungare ulteriormente i tempi e mettere a rischio l’effettiva nascita dello strumento potrebbe essere nuovamente l’Olanda.

Il 17 marzo ad Amsterdam si vota

Già nella primavera scorsa l’allora premier Rutte aveva criticato aspramente l’ipotesi di uno strumento comune di risposta alla pandemia. Ennesima dimostrazione di come il concetto di “Unione” europea sia pura demagogia. Tuttavia, nelle scorse settimane l’ormai ex governo olandese è stato travolto da uno scandalo e costretto a dimettersi dopo che più di 20mila famiglie hanno dovuto restituire, in certi casi indebitandosi, sussidi cui avevano in realtà diritto.

Pertanto, il prossimo 17 marzo sono previste le elezioni nazionali. Questa per gli europeisti nostrani potrebbe non essere una buona notizia Da anni in ascesa nei sondaggi è dato il Partito per la Libertà (Partij voor de Vrijheid, Pvv) capeggiato da Geert Wilders.

C’è l’Olanda tra l’Ue e il Recovery Fund?

Complice anche lo scandalo recente, è probabile che il Pvv diventi il primo partito, costringendo gli altri ad includerlo in un governo di coalizione nonostante l’astio politico. Wilders non gode di buona fama nello scenario politico d’Olanda, nazione incline ai canoni progressisti, dato il suo (moderato) antieuropeismo e l’avversione verso l’immigrazione clandestina. Pertanto, la sua vittoria o un suo ruolo chiave nel prossimo governo potrebbero compromettere la nascita piena ed effettiva del Recovery Fund. Infatti, lo strumento europeo necessita dell’approvazione di tutte le 27 nazioni appartenenti alla Ue. In Olanda su di esso il parlamento non si è ancora espresso.

Non è dunque è scontato che il via libera arrivi senza intoppi. Già la vicenda di Polonia ed Ungheria degli scorsi mesi presenta un’Unione ben diversa dal “giardino incantato” che i media nostrani ci propagano. Sarebbe appena il caso che l’Italia iniziasse a varare strumenti alternativi contro la crisi. Comprendendo che il sogno comunitario è talmente fragile che basta un Wilders qualunque per mandarlo in fumo.

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