Gli Usa tornano in Siria: Biden è già pronto ad “esportare” la democrazia?

 Non sono passati neanche due giorni da quando Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca che gli Usa tornano in Siria. Un convoglio composto da 40 camion carichi di armi e materiale logistico, affiliato alla cosiddetta coalizione internazionale, è entrato nella campagna di Hasaka attraverso il valico di confine illegittimo di al-Walid, con il nord dell’Iraq, per rafforzare le basi illegittime nell’area. Lo riporta l’agenzia Sana, organo ufficiale di stampa di Damasco.

Il convoglio sarebbe poi stato scortato dall’aeronautica militare, la quale avrebbe inoltre trasportato attrezzature logistiche e veicoli militari pesanti al giacimento petrolifero di Koniko nella campagna nord-orientale di Deir Ezzor. Manovre che non sembrano inusuali da parte dell’esercito americano. Segnando però al contempo una discontinuità di fatto tra la politica di Donald Trump e quella di Joe Biden.

Le operazioni Usa in Siria

L’operazione americana in cui rientrerebbe questa spedizione è iniziata nel settembre del 2020, quando il Pentagono ha predisposto lo schieramento di unità di fanteria meccanizzata nell’area oggi controllata dai miliziani curdi. Atto che, tra polemiche e tensioni con la Russia, segnava in verità una parziale smilitarizzazione dei teatri di guerra americani per concentrarsi su una collaborazione più mirata con alleati e milizie.

Il diplomatico Jim Jeffrey avrebbe infatti invitato il presidente Joe Biden a seguire quella stessa politica che vedeva l’America fuori dalle guerre senza fine di Obama e Bush, per concentrarsi piuttosto su un contenimento più diplomatico e strategico di Russia e Iran. Tattica che per Jeffrey ha prodotto ottimi risultati, vedi gli Accordi di Abramo e gli omicidi di Qassem Soleimani e Mohsen Fakhrizadeh.

Con Biden il medio oriente torna in fermento

Quali che siano le intenzioni del presidente Biden, quest’atto vede un ritorno a gamba tesa degli Usa in Siria, con oltre 200 soldati schierati nel nord-est della nazione. Il neo-eletto presidente in verità si era un tempo opposto ad un intervento stile Iraq contro Damasco, il quale veniva considerato potenzialmente disastroso. Se è rimasto della stessa opinione solo il futuro potrà dircelo. C’è però da dire che i fatti recenti non suggeriscono nulla di buono.

Il Medio Oriente, infatti, è in fermento. Tra le altre cose si registrano bombardamenti israeliani in Siria e tentati omicidi di membri di Hezbollah. Senza considerare la ripresa delle attività dell’Isis e un attentato a Baghdad con decine di morti.

Il mondo tornerà a surriscaldarsi con Biden, come da tradizione con tutti i presidenti democratici? Per ora sappiamo solo che la nuova amministrazione non intende sottovalutare il problema mediorientale. L’America ha tutto l’interesse ha restare su suolo siriano. A parole per evitare che l’Isis rialzi la testa, nei fatti perché i soldati statunitensi e curdi controllano la maggior parte delle riserve petrolifere di Damasco.

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