Il governo frena sulle riaperture. Cosa si può fare e cosa no dal 7 gennaio

 Dal 7 gennaio tutto potrebbe cambiare affinché nulla cambi? Il rischio c’è, nelle ultime ore stanno infatti aumentando voci e indiscrezioni sulle nuove strette che il governo starebbe valutando a partire da giovedì. All’orizzonte si paventa dunque una doccia fredda, dopo gli spiragli di apertura ventilati fino a ieri. Già nella giornata di oggi potrebbero arrivare notizie più o meno certe, anche se l’esecutivo giallofucsia ha abituato tutti a eccessi di attendismo, farraginosità e ripensamenti. Gli “esperti” che sussurrano a Conte continuano a chiedere il prolungamento di alcune restrizioni, per evitare di far tornare l’Italia interamente “gialla” così come dovrebbe accadere sulla carta. Dal 7 gennaio qualche apertura ci sarà ma probabilmente l’allentamento delle misure restrittive sarà meno netto del previsto.

Riaperture, i dubbi del governo

L’esecutivo giallofucsia, che nel frattempo è scosso dai tuoni renziani, sta valutando di prolungare la zona rossa fino a metà gennaio nei fine settimana. Ciò significa che il sabato e la domenica resteranno chiusi bar, ristoranti, centri commerciali e la gran parte degli esercizi commerciali. Oltre alle solite limitazioni agli spostamenti intercomunali e interregionali, con quelli giudicati “non essenziali” che potrebbero essere ancora vietati.
Aumentano poi le perplessità sulla riapertura delle scuole. Il riavvio della didattica in presenza, seppur limitata al 50%, torna insomma in discussione. Nel governo continuano poi a fare la voce grossa i soliti “rigoristi”, in primis il ministro della Salute Roberto Speranza, quello per gli Affari Regionali Francesco Boccia e quello della Cultura Dario Franceschini. Questi ultimi vorrebbero evitare di attendere il 15 gennaio – quando esauriranno gli effetti dell’ultimo Dpcm – per prendere ulteriori decisioni, puntando a un’ordinanza da integrare poi nel prossimo decreto.

Le regioni che rischiano di più

Ci sono adesso diverse regioni che rischiano, verosimilmente sempre dal 15 gennaio (salvo repentini cambi di programma governativi), di sprofondare di nuovo in zona rossa. In particolare le più attenzionate al riguardo sono Veneto, Liguria e Calabria. Oltre a Puglia, Basilicata e Lombardia. Ma a rischio ci sarebbero pure Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia autonomia di Trento ed Emilia Romagna per via della soglia ritenuta critica di posti letto occupati negli ospedali. Lombardia e Veneto sono poi regioni monitorate per le terapie intensive. Dunque mezza Italia rischia di restare parzialmente bloccata almeno fino a metà gennaio.

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