Napoli, ha violentato 3 donne e massacrato infermiera durante il lockdown: sconto di pena al senegalese

 Violenza sessuale consumata nei confronti di tre donne, resistenza a pubblico ufficiale, rapina. Reati da brividi, choc indelebile nella vita di tre donne (una delle quali infermiera in un ospedale no covid), per i quali un cittadino senegalese è stato condannato ieri al termine del primo grado di giudizio. A quanto? A cinque anni e quattro mesi (il pm aveva chiesto 4 mesi in più). Per essere più chiari: cinque anni per le tre violenze consumate nei pressi della stazione centrale; quattro mesi per la resistenza nei confronti degli agenti di polizia che lo arrestarono qualche ora dopo i fatti. C’è la diminuente del rito abbreviato (lo sconto di un terzo della pena) e l’attenuante dell’età dell’imputato (non ancora 21enne). Un verdetto formalmente ineccepibile (ripetiamo: rispecchia la richiesta della pubblica accusa), ma destinato a sollevare non poche perplessità in seno all’opinione pubblica. Bastano 5 anni e 4 mesi per tre casi di violenze sessuali?

IL VERDETTO
Ma restiamo ai fatti, dal verdetto firmato dal gup Marcello De Chiara: 5 anni e 4 mesi per Aliou Toure, nato in Senegal nel 2000, attualmente detenuto. È il 3 maggio del 2020, c’è una donna che sta tornando a casa. È seduta su una panchina dello stazionamento della Metropark, ha da poco terminato un turno in ospedale al primo Policlinico. Città vuota, resa deserta da due mesi di isolamento per la pandemia. Ha da poco terminato un lavoro massacrante, a tu per tu con la sofferenza di tanti pazienti e con l’incubo di finire contagiata. Viene immobilizzata dal senegalese, viene quasi soffocata dal suo corpo. Per circa 40 minuti riuscirà a impedire il peggio, sopportando palpeggiamenti e atti di libidine (per il codice penale sono violenza sessuale), provando a divincolarsi e a chiamare aiuto. Finisce a terra, viene trascinata con il braccio di lui al collo, mentre sente quelle parole deliranti: «Stai zitta, stai zitta, tanto non ti sente e non ti vede nessuno… spogliati, hai il fuoco dentro, chi ti ha dato questi pantaloni, chi ti ha dato quella maglietta, devo purificarti, fammi entrare, così ti pulisci». Lividi sul collo, baci, morsi un po’ dappertutto. Per anni alle prese con la sofferenza delle persone, l’infermiera riesce a impedire il peggio, facendo credere al senegalese di essere incinta e di non poter assecondare le richieste fino in fondo.

Chiusa a uovo, a testuggine, con le sue mani addosso, l’infermiera prova a rivolgersi a una passante, chiedendole – da donna a donna – di avvertire qualcuno, di chiamare aiuto. E invece niente, solo indifferenza. Alla fine, mollata la presa del senegalese, alla vittima viene diagnosticato traumatismo di sedi multiple, con prognosi di 25 giorni. Un caso che solleva scalpore, scattano indagini e arresti, si aggiungono nuovi particolari raccapriccianti. Poche ore prima di aggredire l’infermiera, Aliou Toure aveva molestato altre due donne: una napoletana e una cittadina ucraina, come emerge dalle indagini condotte dal pm Cristina Curatoli. Difeso dal penalista sammaritano Luciano Fabozzi, Toure ha scelto l’abbreviato, al termine di una inchiesta fondata sulle testimonianze delle vittime (a partire dall’infermiera napoletana), ma anche da un video che riprende l’intera aggressione consumata nel parcheggio della Ferrovia. In aula, il gip De Chiara ha rigettato la richiesta di perizia psichiatrica per l’imputato, in mancanza di elementi e riscontri sanitari per procedere a una valutazione dello stato di infermità mentale. Difesa dal penalista napoletano Fulvio Pasanisi, l’infermiera napoletana si è costituita parte civile, ribadendo la drammaticità dell’esperienza vissuta. Ha evidenziato la gravità del fatto, ricordando il lungo periodo di violenza subita. Tramite il suo avvocato, ha sempre ribadito l’importanza per una donna di denunciare le violenze subite. È stata il pm Claudia Maone a chiedere la condanna a cinque anni e otto mesi nei confronti del cittadino senegalese, ieri presente in videoconferenza. Immortalato dal monitor del Tribunale, collegato dal sito remoto del carcere, il senegalese ha risposto con coerenza e lucidità, mostrandosi pienamente cosciente e in grado di sostenere un processo fino in fondo. Cala il sipario, c’è una condanna: un verdetto che difficilmente potrà mitigare il senso di impotenza vissuto da tre donne aggredite in strada.

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