L’incubo della Germania: così la peste suina danneggia l’economia tedesca

La peste suina africana (PSA) ha colpito in pieno la Germania, provocando apprensione tra tutti gli allevatori dell’Europa. Era il 10 settembre quando il ministro tedesco dell’Agricoltura, Julia Kloeckner, comunicava in conferenza stampa il primo caso dell’infezione mortale per i suini. I test effettuati su un cinghiale trovato morto nel Land orientale di Brandeburgo, nei pressi del confine con la Polonia, aveva subito fatto scattare l’allarme. Anche perché la PSA, pur non colpendo gli esseri umani, è quasi sempre letale per gli animali che la contraggono, ovvero maiali e cinghiali.

Nel recente passato la sua presenza è stata confermata in vari Stati europei, provocando l’abbattimento su larga scala di interi allevamenti. La trasmissione avviene in due modi: quando gli animali entrano in contatto con superfici, altri animali o cibi infetti oppure attraverso le zecche. Gli effetti della malattia, per lo più emorragie, sono letali e uccidono nel 90% dei casi. Al momento non esistono vaccini.

Tornando in Germania, nonostante le rassicurazioni del ministro Kloeckner, Berlino deve fare i conti con il sensibile calo delle esportazioni di carne di maiale, dovuto a blocchi e diffidenze varie. Come se non bastasse, pochi giorni fa sono stati scoperti cinque nuovi casi di PSA, sempre nel Land di Brandeburgo. Quattro cinghiali sono stati trovati morti nel distretto Oder-Spree, mentre un altro animale, ancora vivo, presentava sintomi della malattia ed è stato addormentato.

Il contraccolpo economico

L’annuncio di una eventuale epidemia di PSA può creare allarme nel settore agricolo, come già avvenuto più volte in più parti del mondo. Dopo la scoperta del primo caso tedesco, la Cina, principale acquirente di maiale tedesco, ha vietato le importazioni di carne dalla Germania. A ruota, anche Corea del Sud, Giappone e Brasile hanno preso decisioni analoghe.

Il governo brasiliano ha inviato a Berlino un comunicato nel quale richiede alle autorità sanitarie teutoniche informazioni dettagliate sulle misure di sicurezza biologica e alimentare adottate negli impianti industriali tedeschi. Ricordiamo che nei primi mesi del 2020 Brasilia aveva importato 1.800 tonnellate di carne suina tedesca.

Ma l’apocalisse perfetta – da alcuni ridefinita Aporkalipse now – potrebbe consumarsi nel vero senso della parola se Pechino dovesse continuare a sospendere le importazioni. Già, perché secondo quanto riportato dal South China Morning Post, nella prima metà del 2020, la Germania ha venduto al Dragone la bellezza di 233.000 tonnellate di carne di maiale. Ovvero: più di un quarto delle sue esportazioni totali. Va da sé che i danni economici rischiano di essere enormi.

Previsioni nefaste

Le previsioni degli analisti non sono affatto positive. Gli esperti ritengono che il ritorno di fiamma della PSA in Germania potrebbe non solo danneggiare gli allevatori tedeschi ma anche influenzare i prezzi della carne di maiale in tutto il resto d’Europa.

Peggio ancora, le aziende di Berlino rischiano adesso di perdere notevoli quote di mercato in favore di fornitori americani. La Cina, da questo punto di vista, gioca un ruolo chiave. Il motivo è semplice: il gigante asiatico è il più grande consumatore mondiale di carne di maiale. Per quanto riguarda i prezzi, venerdì scorso in Germania abbiamo assistito a una riduzione da monitorare con estrema attenzione. Calcolatrice alla mano, il costo di un chilogrammo di carne di maiale è sceso di circa il 13%, passando a 1,27 euro. Una cifra troppo bassa, sottolineano in coro gli allevatori.

il giornale.it

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