Bonafede avvia i corsi per imam in carcere. “Così diamo assistenza spirituale ai detenuti islamici”


Alfonso Bonafede
 intende dare sempre più spazio agli imam in carcere. È la nuova tendenza della Giustizia italiana, alla luce anche dalla popolazione carceraria che vede una crescita esponenziale di detenuti musulmani. “Corso per Imam e ministri di culto musulmani operanti nel contesto penitenziario”. È infatti questo il nome del primo corso per religiosi islamici della storia dei penitenziari italiani.

L’annuncio del Ministero della Giustizia

Il primo appuntamento si è tenuto sabato scorso all’Università degli studi di Padova. A renderlo noto è Giustizianewsonline, il quotidiano web del ministero. Il percorso formativo, spiega via Arenula, si inserisce pienamente nel solco del protocollo d’intesa che regola l’accesso delle guide religiose islamiche nelle carceri italiane e favorisce l’assistenza spirituale e gli incontri di preghiera per i detenuti di fede islamica. L’accordo, sottoscritto nel giugno scorso da Bernardo Petralia, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, e da Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche d’Italia, ha rinnovato il precedente siglato nel 2015, a dimostrazione dell’ottima cooperazione che ormai da anni caratterizza i rapporti fra Ministero della Giustizia-Dap e Ucoii, soprattutto con riguardo al tema della prevenzione e del contrasto alla radicalizzazione violenta e al fine di assicurare ai detenuti e agli internati l’istruzione e l’assistenza spirituale, nonché la celebrazione dei riti delle confessioni diverse da quella cattolica.

Imam in carcere: il corso e il protocollo

Il corso è stato organizzato dall’Università di Padova, su impulso dell’Ucoii, nell’ambito del progetto PriMed (Prevenzione e interazione nello Spazio Trans-Mediterraneo), finanziato dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Si svolge in lingua italiana, araba, inglese e francese, ha una durata di 30 ore ed è rivolto a coloro che già svolgono l’attività di imam o di guida religiosa e che accedono o intendano accedere all’intervento nel contesto carcerario.

All’inaugurazione del corso il capo del Dap

All’inaugurazione è intervenuto, in collegamento streaming, il capo Dap Bernardo Petralia. “Non c’è informazione senza formazione – ha detto Petralia – e questo corso che si apre presso l’Università di Padova nell’ambito del protocollo d’intesa recentemente prorogato tra DAP e UCOII dimostra la comune intenzione di scongiurare, con le armi di una pacifica e documentata persuasione, i rischi diradicalizzazione che incombono in seno alla promiscuità carceraria”.

“Il corso per imam? Lo prevede la Costituzione italiana”

Dal canto suo, il presidente dell’Ucoii Yassine Lafram ha evidenziato come “la cura delle anime fa parte in modo ineludibile del percorso di reinserimento nella società civile. E deve essere esperita nel rispetto della tradizione di appartenenza del detenuto. Così come stabilisce la Costituzione della Repubblica. L’assistenza spirituale in carcere – ha poi aggiunto – necessita di una comprensione profonda del sistema in cui si inserisce, quello penitenziario italiano. Questo corso di formazione risponde a questa esigenza specifica e permette di dare maggiori garanzie del servizio che svolgono le guide spirituali islamiche in quel contesto. Questo traguardo non sarebbe stato possibile senza la preziosa collaborazione dell’Università di Padova e la partecipazione e la fiducia del Ministero della Giustizia-Dap”.

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