Silvia Romano: “Il velo per me è un simbolo di libertà”. Ma quale islam ha abbracciato?

Roma, 6 lug – ”Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”. E’ quanto dichiarato da Silvia Romano a Davide Piccardo, fondatore dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), che l’ha intervista per il quotidiano online (La Luce) che dirige. E’ un’indiretta risposta, quella della Romano (diventata Aisha con la conversione all’islam), a chi l’ha attaccata per la veste somala indossata all’arrivo in Italia.

Quale islam?

Quando vado in giro – dice ancora Aisha – sento gli occhi della gente addosso; non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo; in metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così. Ma non mi dà particolarmente fastidio. Sento la mia anima libera e protetta da Dio”. Non ci permettiamo di giudicare la scelta di Silvia Romano, né rimaniamo stupiti dalle sue parole. Perché in uno Stato laico, qual è l’Italia, ognuno è liberissimo di praticare la religione che vuole. E sappiamo benissimo che l’islam non è un monolite come credono (sbagliando) sia i detrattori aprioristici sia i tolleranti ad orologeria, quelli per intenderci che si scoprono islamofili soltanto per attaccare gli islamofobi. Il problema dunque non è tanto in cosa crede adesso Silvia Romano, né se un giorno rivedrà o meno le sue attuali convinzioni. Il problema, come abbiamo già fatto notare su questo giornale, è capire a quale islam si è convertita Silvia Romano. E’ poi lapalissiano che anche se fosse stata obbligata a diventare islamica dai suoi rapitori, ora che è stata liberata e si trova in Italia, se volesse, potrebbe togliersi il velo. Ma non lo fa e spiega perché lo considera un “simbolo di libertà”.

La “punizione” divina

Non solo, Aisha rivela pure il “cammino” che l’ha portata alla conversione durante la prigionia. “Ho iniziato da lì un percorso di ricerca interiore fatto di domande esistenziali… Capivo che c’era qualcosa di potente ma non l’avevo ancora individuato, però capivo che si trattava di un disegno, qualcuno lassù – dichiara Silvia – lo aveva deciso”. E “il passaggio successivo è avvenuto dopo quella lunga marcia, quando già ero nella mia prigione; lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui’‘. E’ Dio che la stava punendo per la sua mancanza di fede o più semplicemente erano i suoi rapitori a farlo? Ma soprattutto, la risposta che ancora manca per comprendere bene il “percorso” della Romano e dunque le sue attuali convinzioni, non è attinente a ciò che pensa del velo. Quindi torniamo a chiedere: quale islam ha abbracciato Aisha? Quello jihadista dei suoi rapitori oppure un altro, saggio e misericordioso?

Eugenio Palazzini

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