M5s, 163 eletti su 296 non versano l’obolo al partito: tutti zitti, il timore di far saltare Giuseppe Conte

Oltre ai numeri della maggioranza, sempre più esigui, ce ne sono altri che devono preoccupare Giuseppe Conte, perché fanno capire bene la gravità della malattia che ha colpito i Cinque Stelle. Sono i numeri degli eletti grillini che in tutto il 2020 non hanno messo nemmeno un euro nelle casse del movimento: ad oggi 162, più della metà. Ben 42 sono recidivi dal 2019 e dunque, almeno in teoria, dovrebbero essere cacciati. Cosa che non avverrà, ovviamente. 

L’accordo che tutti costoro hanno firmato al momento della candidatura prevede di «restituire mensilmente un importo minimo pari a euro 2.000», oltre a dare 300 euro per il «mantenimento delle piattaforme tecnologiche» del M5S, cioè per il sistema Rousseau. Il rispetto di questi obblighi è un indicatore più importante di ogni chiacchiera, perché ci sono eletti pentastellati che hanno già preso accordi con i partiti di centrodestra. Non se ne vanno subito, traccheggiano in attesa del momento buono, ma intanto hanno smesso di fare i bonifici al movimento. Basta vedere gli ultimi due transfughi: Alessandra Ermellino, appena passata al gruppo misto, non versava un euro dal giugno del 2019, e Alessandra Riccardi, nuovo acquisto di Matteo Salvini, era ferma da dicembre. 

TABELLA IMPIETOSA
La tabella pubblicata sul sito tirendiconto.it, dove le “restituzioni” sono rese pubbliche, non è mai stata brutta come adesso. Su un totale di 296 parlamentari rimasti, sono 162 (112 deputati, 50 senatori) quelli che devono ancora fare il primo versamento del 2020. Ben più della metà. E il Covid non è una buona scusa: la busta paga ai parlamentari è regolarmente arrivata. I richiami di Vito Crimi non sono serviti. Un mese fa il capo politico aveva lanciato quello che doveva essere l’avvertimento definitivo: entro il 30 giugno occorre «completare le rendicontazioni e le restituzioni fino al mese di aprile 2020». Altrimenti, aveva minacciato, si passa alle sanzioni, espulsioni incluse. 

BELL’ESEMPIO…
Il risultato, al momento, è quello che si è visto, e lo stesso Crimi non ha dato grande esempio, visto che sino a ieri sera era uno dei tanti che non hanno pagato nulla nell’anno in corso. È in buona compagnia, peraltro: nella stessa situazione ci sono “big”, diciamo così, del calibro di Paola Taverna, Nicola Morra, i ministri Nunzia Catalfo e Federico D’Incà e l’ex ministro Giulia Grillo. Hanno cinque giorni di tempo, difficile che da qui ad allora tutti si mettano in regola. Anche perché ce ne sono 42 (14 senatori e 28 deputati), inclusa la stessa Catalfo, che ancora debbono completare i versamenti del 2019. Per loro non ci sono scuse, giacché il termine per adempiere è scaduto ad aprile. 

NUMERI TIRANNI
Il motivo per cui Crimi abbaia senza mordere è ovvio: basta che una frazione di quei 42 cambi sponda per chiudere l’era del governo giallorosso. La maggioranza, infatti, è a un passo dal non essere più tale. Il gruppo grillino a palazzo Madama è sceso a 95 senatori. Sommati a quelli del Pd (35), ai renziani (17) e ai 5 di Liberi e uguali, il loro numero arriva a 152. Dunque ben al di sotto della maggioranza dell’aula, pari a 161. La stessa coalizione, però, sinora ha contato su 7 senatori del gruppo misto e 3 del gruppo delle Autonomie. Questo consente a Conte di poggiarsi su 162 voti, appena al di sopra della linea di galleggiamento. L’aiuto di Forza Italia gli sarebbe prezioso, ma l’accordo con Lega e Fdi per le candidature regionali pare avere ricompattato il centrodestra. E senza piano B, non resta che il piano A: tenersi i senatori che ci sono e fingere di non vedere i grillini che smettono di versare l’obolo. Fin quando non sono loro ad andarsene, si può fare. 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.