Nella maxi favela dei migranti “Qui dentro siamo tutti drogati”

“Siamo tutti strafatti è meglio che ve ne andate”. È una voce rauca e minacciosa, quella che risuona al di là della ringhiera. Siamo a San Lorenzo, il quartiere romano dove due anni fa è stata ritrovata senza vita Desirée Mariottini.

È morta per overdose, circondata dallo squallore e dall’indifferenza di chi frequentava il cantiere abbandonato di via dei Lucani, adibito a crack house da un gruppo di sbandati. Un luogo dell’orrore, che non ti aspetti possa esistere. Non lì, a due passi dal centro. Quella storia, però, sembra non aver insegnato nulla.

La droga continua a circolare e, nei mesi di lockdown, la situazione è degenerata ancora di più. Lungo le Mura Aureliane, all’altezza di Porta Tiburtina, il viavai di sbandati è continuo. Li riconosci dall’andatura barcollante e dagli abiti stropicciati. Li vedi scomparire dietro ad una ringhiera e riuscire dopo ore, ancora più sconvolti. Quello che succede oltre lo steccato si può solo immaginare, perché la vista è sbarrata da coperte termiche e cartoni.

Bisogna avere il coraggio di avvicinarsi per intravedere un gruppetto di stranieri intento a fumare crack alle cinque di pomeriggio. Sono seduti in circolo, uno di loro ci guarda con diffidenza e ci suggerisce di andare via. “Siamo persone abbandonate e siamo tutti strafatti, qualcuno potrebbe scavalcare e venire di là, non è sicuro per voi è meglio se ve ne andate”, dice.

Qualche minuto dopo se ne affaccia un altro. Non ha l’aria minacciosa, si chiama Abbas ed ha 22 anni. È un irregolare uscito qualche mese fa dal carcere. Ha aggredito un uomo con delle forbici: “È stata legittima difesa, stava importunando la mia ragazza”. È lui a spiegarci come è nato l’insediamento, dopo aver messo in chiaro: “Io non mi drogo, bevo solo qualche birra per tirarmi sù”. “Mi sono sistemato qui alla fine di febbraio, all’inizio c’ero solo io, poi è cominciata ad arrivare altra gente”, racconta. E adesso? “Adesso dormiamo qui in dieci, anche se durante il giorno viene tanta gente per farsi in compagnia”. Ecco la maxi favela degli stranieri: “Qui ci facciamo di tutto”Pubblica sul tuo sito

Procurarsi la droga è facilissimo. “Qui la vendono tutti”, racconta. Abbas ci confessa di non poterne più di questa vita. “Sono stanco – dice – vorrei andarmene di qua e riprendere gli studi in sociologia, ma senza documenti come faccio?”. Tra gli inquilini della tendopoli c’è anche un italiano, si chiama Gianni e avrà una cinquantina d’anni. Ci elenca le sostanza che circolano: cocaina, eroina, ketamina, crack. “Io ultimamente mi faccio di cocaina perché mi dà la carica, anche se ho cominciato con l’eroina, è stata quella a rovinarmi la vita negli anni Ottanta”, spiega.

Anche lui ha diversi precedenti per spaccio e rapina ma assicura: “Le vecchiette non le ho mai derubate”. La presenza di questa favela non è sconosciuta alle forze dell’ordine. “La polizia viene a controllarci sempre, ma quando arriva la gente scappa”, spiega Gianni, prima di scomparire dentro alla baraccopoli per continuare a farsi. È un rituale che si ripete ogni giorno, sotto alla luce del sole e agli sguardi dei pochi passanti che si azzardano a percorrere il marciapiede.

“Dovremmo fare qualcosa per arginare questa piaga, è un problema di grandi dimensioni che non si può più trascurare, non dopo quello che è successo in via dei Lucani”, dice Luca Laurenti, portavoce del blog Riprendiamoci Roma, che denuncia il degrado nella Capitale. L’attivista gravita dalla zona tutti i giorni e non ha dubbi: “Durante il lockdown queste persone hanno avuto modo di organizzarsi indisturbate, bisogna intervenire prima che si ripeta quello che è accaduto alla povera Desirée”.

Tende e baracche costellano le mura anche lungo viale Pretoriano. Si sono accampati lì decine di africani, probabilmente per la vicinanza con la mensa Caritas di via Marsala. “È uno squallore, e per fortuna che non dovevamo lasciare indietro nessuno – conclude Laurenti – mi auguro che le istituzioni prendano provvedimenti per sanare questa situazione”.

il giornale.it

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