“A un passo dalla Guerra Fredda”

Gli Stati Uniti e la Cina sono “sull’orlo di una nuova Guerra Fredda”. Le parole del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, suonano come un avvertimento nei confronti di Washington, ma anche come un segnale nei confronti del mondo. Pechino ora sa che il confronto con l’altra sponda del Pacifico si sta trasformando in qualcosa di molto più palese e profondo. E non è un caso il governo cinese parli apertamente di rischio di Guerra Fredda dopo che nelle settimane scorse erano trapelati i documenti con cui il ministero della Sicurezza avvertiva del rischio di una nuova Tienanmen, momento di massimo isolamento internazionale e fragilità interna del sistema cinese.

L’impressione è che questo scoprire le carte di Pechino riveli in realtà una crisi molto più profonda. La diplomazia cinese si fonda da sempre su un metodo pragmatico e apparentemente leggero, lontano dai toni che si sentono in Occidente. E di certo lontano anni luce dall’irruenza della classe dirigente americana. Il concetto di “guerra” nei rapporti con gli Stati è visto con diffidenza da una potenza che vuole ergersi a guida della nuova globalizzazione attraverso il soft-power e una politica win-win. Ma i tempi sono cambiati: Donald Trump ha alzato l’asticella dello scontro, il coronavirus ha travolto il mondo e accelerato dinamiche già in corso attraverso una crisi dai lati ancora oscuri, e il sistema internazionale appare ora diviso in almeno due blocchi in cui da una parte c’è la Cina e dall’altra il blocco americano. Ed è quindi chiaro che se Wang Yi parla di un’America che spinge verso una guerra fredda, la guerra fredda già c’è ed è una realtà ineluttabile in cui si confrontano due sistemi diversi e fortemente votati a guidare gli altri Paesi verso il proprio interesse.

L’escalation di queste settimane è evidente. Le accuse sul coronavirus fanno solo parte di un immenso copione che riguarda il mondo e che vedono come ultimo episodio la sfida su Taiwan e il sostegno dell’amministrazione Trump al desiderio di autonomia di Hong Kong. Sullo sfondo, partite realmente decisive e che riguardano gli interessi Usa e cinesi sparsi in tutto il mondo in cui l’aquila e il dragone si confrontano costantemente e l’una tenta di soverchiare l’altra sfruttandone i passi falsi o le ritirate strategiche e insinuandosi nel blocco di un’alleanza per scardinare i rapporti di forza sedimentati da decenni. E i fronti sono quasi sempre totalmente contrapposti.

L’obiettivo americano è quelli di contenere l’ascesa cinese. L’obiettivo cinese è quello si sostituire lo strapotere americano in aree del mondo e di interessi in cui Pechino pensa di poter avere chance importanti. E il confronto è ormai serrato. Gli Stati Uniti hanno come cardine la libertà di navigazione, la Cina la sua territorializzazione. La Cina avanza attraverso l’offerta di tecnologia che convogli il mondo nell’era digitale, gli Stati Uniti mettono in guardia i propri alleati dalla scelta di aprire le porte alle sirene cinesi. Sul fronte commerciale c’è una guerra decisiva in cui Trump si gioca gran parte della propria rielezione. C’è una corsa agli armamenti in cui la Casa Bianca è disposta anche a lanciare l’ultimo avvertimento attraverso un’inquietante opzione di un test nucleare. E infine Africa ed Europa appaiono come riserve di caccia in cui le due grandi potenze hanno posto da tempo l’attenzione: gli Stati Uniti come potenza leader del blocco occidentale, la Cina come Paese che si inserisce nelle dinamiche strategiche e commerciali e con enormi progetti infrastrutturali. Il tutto mentre la Russia osserva e cerca di guadagnare quanto più possibile da una crisi che coinvolge i suoi principali interessi e confini.

Difficile fare pronostici su quello che può essere il complesso meccanismo di guerra fredda che si è scatenato in questi anni e che vede un’escalation sempre più rischiosa. Trump è solo un simbolo di una guerra sotterranea e profonda che vede non soltanto un fronte abbastanza trasversale anti-cinese sia nei democratici che nei repubblicani, ma anche una precisa scelta strategica americana, che riguarda anche il Pentagono. La strategia nazionale della Difesa Usa è ormai sempre più convinta che lo spostamento di risorse verso il confronto con la Cina sia una strada inevitabile e lo dimostrano anche le continua manovre della Flotta del Pacifico. E Pechino risponde sia attraverso gli investimenti e il rafforzamento della sua sfera di influenza, sia attraverso prime timide avvisaglie di un rafforzamento militare. Sfuggire alla trappola di Tucidide, cioè quella tendenza a colpire con la forza chi prova ad emergere fino allo scontro definitivo, appare sempre meno facile.

I fronti si allargano e aumentano di numero e importanza, Pechino cresce in forza politica e militare, la crisi ha messo in moto meccanismi pericolosi, regioni bollono, e l’avvertimento di Wang Yi rende il senso del pericolo molto più della logica di propaganda che spesso coinvolge l’Occidente. La guerra fredda è una realtà: ora l’obiettivo è evitare che si tramuti in qualcosa a cui il mondo non può sopravvivere.

il giornale.it

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