Tra barchini e carrette del mare: l’invasione di sbarchi fantasma

È stato un mese di aprile intenso quello che hanno vissuto Lampedusa e la Sicilia in genere se si analizza il contesto deglisbarchi autonomi da parte dei migranti. Questi ultimi infatti sono arrivati in diverse centinaia.

Non da meno il mese di maggio, seppur ancora nel pieno dello scorrere dei suoi giorni. Se poi si entra nei dettagli, da marzo ad ora, sono circa mille gli extracomunitari giunti sulle coste dell’isola maggiore delle Pelagie cui si sono aggiunti anche gli oltre 50, arrivati nell’agrigentino,attraverso lo sbarco fantasma a Torre Salsa.

In base a quanto registrato nelle ultime settimane, quella che si preannuncia potrebbe essere un’estate molto calda e questo non solo per le alte temperature ma anche con riferimento al flusso degli sbarchi. Da qui al breve periodo, i numeri potrebbero essere allarmanti. A destare maggiore preoccupazione sono soprattutto quegli arrivi che, almeno in un primo momento, sfuggono dal controllo delle forze dell’ordine. Stiamo parlando proprio degli sbarchi fantasma. Si tratta di quei fenomeni attraverso i quali gli stranieri arrivano attraverso dei barconi e, una volta approdati in spiaggia, abbandonano il mezzo per scappare tra le campagne e le zone più vicine sottraendosi alla caccia all’uomo attuato dalle forze dell’ordine. Da qui, alcuni riescono a farla franca rimanendo come fantasmi nel vero senso del termine, altri invece intercettati ed identificati.

Dalle verifiche effettuate nei confronti delle persone identificate è emerso sempre un elemento comune: tutti sono partiti dalla Tunisia, nello specifico da Biserta, Sfax e Sousse. L’ultimo fenomeno di “massa” di questo tipo è avvenuto non poco tempo fa, ovvero nell’estate del 2017, con numeri preoccupanti. Da Cattolica Eraclea a Siculiana, fino a Realmonte, le coste dell’agrigentino in quel periodo sono state le protagoniste di numerosi arrivi fantasma che hanno creato problemi e anche preoccupazioni fra la cittadinanza. Sono stati in molti gli agrigentini che si sono trovati ad assistere a questi eventi durante momenti di relax al mare o direttamente dalle loro abitazioni di campagna lanciando l’allarme. Gli stessi fenomeni si sono verificati anche nei territori di Palma di Montechiaro e Licata, sempre nell’agrigentino. Dopo la fuga tra le zone di campagna, il “piano 2” dei migranti è stato quello dell’attraversamento, durante la notte, della SS 115, ovvero l’arteria che unisce tutte le città della provincia.

Proprio in questa fase molti di loro sono stati intercettati dai carabinieri, dalla polizia o dalla guardia di finanza e sottoposti poi all’identificazione. Sempre in quel periodo è accaduto anche un fatto che ha destato non poche perplessità su questo tipo di fenomeno. In una foto scattata nella spiaggia ricadente nel territorio di Siculiana è stata notata una maglietta con la scritta “Haters Paris”. Quella frase avrebbe potuto significare tutto ma anche niente. O un indumento indossato casualmente prima di affrontare il viaggio verso la Sicilia o la presenza dei terroristi tra i barconi di quegli sbarchi. Per far chiarezza sulla situazione che lasciava pensare a delle infiltrazioni jihadiste, il procuratore di Agrigento ha aperto subito dopo un’inchiesta.

Nel trapanese la situazione spesso in passato è apparsa anche più pericolosa. Qui infatti ad approdare non sono i barchini ed i gommoni spesso notati tra Lampedusa e l’agrigentino, bensì vere e propri mezzi di lusso. Degli yacht in grado di coprire in poche ore la distanza tra la provincia tunisina di Biserta e le coste trapanesi.

Mazara Del Vallo e Marsala i territori in cui, anche nel recente passato, è stata notata la più elevata concentrazione di questa tipologia di sbarchi. Ed è chiaro che in un contesto del genere, ad emergere è soprattutto il rischio di infiltrazioni terroristiche. Chi affronta le traversate con gommoni veloci e con mezzi più costosi, spende molto di più rispetto ai migranti che invece arrivano in Sicilia con mezzi di fortuna. Il sospetto, mai del tutto domato in seno a molte procure siciliane, è che a pagare questi viaggi potrebbero essere anche le organizzazioni criminali e terroristiche.

Lo si è potuto vedere ad esempio nell’operazione Abiad, condotta dai Carabinieri del Ros di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia il 9 gennaio 2019. In quest’occasione sono state arrestate 15 persone: per loro l’accusa è stata anche quella di aver condotto irregolarmente in Italia decine di persone ma, ad inquietare maggiormente, tra le altre cose, è stato anche il ruolo di un soggetto tunisino che sui social inneggiava alla Jihad. E non è un caso che, come si legge tra le carte di quell’operazione, il blitz in Sicilia è scattato grazie alle rivelazioni di un “pentito” precedentemente vicino all’organizzazione criminale smantellata: “Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”, ha dichiarato agli inquirenti il collaboratore.

Ed infatti, i pm allora hanno ben evidenziato i pericoli per la sicurezza nazionale: “Sussistono significativi ed univoci elementi – si legge tra le carte dell’operazione – per ritenere che l’organizzazione in esame costituisca un’attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale poiché in grado di fornire a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”.

Pochi giorni dopo, sempre con i riflettori puntati sul trapanese, è scattata l’operazione Barbanera. Il nome del blitz lo si è dovuto in quel caso al soprannome del principale indiziato: Moncer Fadhel, di origine tunisina, veniva chiamato così per via del suo aspetto e della sua lunga e folta barba nera. Era lui, secondo gli inquirenti, a gestire il traffico di esseri umani nel trapanese: i migranti, hanno spiegato all’epoca i militari della Guardia di Finanza impegnati nell’operazione, venivano portati in spiagge predefinite dove l’organizzazione criminale guidata da Barbanera riusciva poi a smistarli nel territorio facendo perdere le loro tracce.

Ciò che ha maggiormente stupito nelle due operazioni del gennaio del 2019, è stata la ramificazione territoriale delle organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti. Fadhel ad esempio, a Mazara Del Vallo era proprietario di tre attività commerciali, tra cui un ristorante. Era riuscito a farsi strada all’interno del mondo criminale locale, contrassegnato storicamente da alcuni dei clan più importanti di cosa nostra. E la mafia siciliana con la criminalità impegnata negli affari derivanti dall’arrivo di migranti sembra convivere pacificamente. Anche perché a bordo dei gommoni e dei mezzi che arrivano nel trapanese, non ci sono soltanto extracomunitari: gli inquirenti più volte hanno rintracciato la presenza di ingenti dosi di sostanze stupefacenti ed anche di sigarette. Tutta merce che poi, una volta fatta arrivare in Sicilia, viene in seguito smistata nelle piazze di spaccio e contrabbando dell’isola.

Le operazioni Abiad e Barbanera sono state, sotto questo profilo, le più importanti capaci di portare a galla il fenomeno degli sbarchi fantasma che contraddistingue il trapanese. Ma non le uniche: sempre tra Trapani ed Agrigento, nel marzo del 2018 un blitz dal nome evocativo di “Caronte”, ha smantellato un’altra organizzazione dedita a far arrivare in Sicilia migranti con gli sbarchi fantasma.

Un fenomeno quest’ultimo che fa gola alla criminalità presente in entrambe le sponde del Mediterraneo, che negli anni ha creato non poco allarme sociale, soprattutto nell’agrigentino, e che potrebbe rappresentare un pericolo per le possibili infiltrazioni terroristiche. Da qui il timore di una possibile nuova ondata di sbarchi in questa estate 2020. Anche perché, come raccontato nei giorni scorsi su IlGiornale.it, dalla Tunisia e dalla Libia scafisti e criminali sono pronti a mettere in navigazione decine di barchini. E l’aumento del numero degli sbarchi riscontrato in questa prima decade di maggio appare significativo. Per la Sicilia e per l’Italia dunque, la bella stagione alle porte potrebbe rappresentare un ritorno alle fasi più calde dell’emergenza migratoria.

il giornale.it

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