Giuseppe Conte, il suo consigliere magistrato dietro il caso Bonafede-Di Matteo: il sospetto

Nino Di Matteo ha sollevato un polverone rivelando dettagli inediti sulla sua mancata nomina a capo dell’amministrazione penitenziaria nel 2018. Il magistrato ha gettato ombre su Alfonso Bonafede, che sarebbe stato influenzato da presunti pareri negativi di alcuni importanti boss mafiosi detenuti in carcere. Secondo la ricostruzione de Il Giornale, dietro il ripensamento del ministro sulla nomina di Di Matteo si nasconderebbe Giuseppe Conte, che all’epoca era consigliato da Fabrizio Di Marzio, consigliere di Cassazione e docente universitario ben introdotto nella politica romana.

“Di Matteo era il candidato ideale – scrive Luca Fazzo – sia come curriculum, occupandosi di mafia da vent’anni, sia come relazioni politiche: vicino a Marco Travaglio e al Fatto Quotidiano, è da sempre una delle toghe più amate dal Movimento 5 Stelle”. Per questo quando Bonafede è diventato ministro, Di Matteo appariva il candidato ideale per il ruolo di capo del Dap. Eppure nel giro di 48 ore qualcosa si è rotto: secondo Il Giornale, la spiegazione più verosimile è che in realtà “a decidere non sia stato il ministro Bonafede ma direttamente il premier Conte. Che di mestiere fa l’avvocato, su livelli più alti di Bonafede. E che nel mondo della giustizia ha rapporti, amici e consiglieri”. Per l’appunto il magistrato Di Marzo, che per Il Giornale potrebbe essere l’uomo che ha sussurrato all’orecchio di Conte per impedire la nomina di Di Matteo. 

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