Coronavirus, Usa in pressing sulla Ue: punire la Cina, ipotesi riduzione “coatta” del debito. Solo l’Italia tace

Pechino messa all’angolo dopo l’emergenza coronavirus, denunciata con grande ritardo da parte del regime, Sarebbe questa la motivazione che sta spingendo gli Stati Uniti a chiedere “centinaia di miliardi di dollari” come riparazione. Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump, così come il Segretario di Stato Mike Pompeo che ha accusato “il Partito comunista cinese” di aver nascosto i dati sul virus, impedendo al resto del mondo di intervenire per tempo. Secondo Il Corriere della Sera gli Usa stanno mettendo in moto una macchina per indebolire la Cina, ovviamente il tutto necessita dell’appoggio dell’Europa. Non a caso, pochi giorni fa, Angela Merkel ha chiesto pubblicamente “trasparenza” sull’origine della pandemia. In Europa, di fatto, l’unico paese che tace è l’Italia, con un Giuseppe Conte troppo pavido per puntare il dito contro Pechino e le sue responsabilità.

Al vaglio del tycoon ci sono due ipotesi percorribili nel concreto: eliminare parte del debito contratto dal Tesoro americano con il grande Paese asiatico. In questo caso Trump cancellerebbe il rimborso dei titoli in scadenza e/o non verserebbe gli interessi (mediamente pari all’1,2 per cento) sui 1.100 miliardi di dollari in “Us Bond” in possesso dei cinesi. L’altra idea sul piatto è quella proposta dal senatore repubblicano Tom Cotton che, invece, chiede di “sganciare l’economia americana da quella cinese” e vuole farlo imponendo alle multinazionali statunitensi attive in Cina di rientrare. In entrambi i casi i rapporti tra Usa e Pechino verrebbero deteriorati.

La Cina ha già reagito furiosamente all’idea australiana di costituire una commissione d’inchiesta internazionale in grado di inviare ispettori indipendenti a Wuhan per investigare sull’origine dell’infezione. Indignazione ribaduta anche dal ministro degli Esteri, Geng Shuang: “Gli Usa dovrebbero sapere che il loro nemico è il Covid-19, non la Cina. Vogliono chiamarci a rispondere della nostre presunte responsabilità? Non ci sono basi legali, non esiste un precedente internazionale”.

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