Il M5s pronto a ingoiare il rospo del salva-Stati. Ma tira aria di scissione

È ancora prima mattina quando molti grillini di rango saltano dalla sedia sfogliando Il Fatto Quotidiano. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio, sempre più vicino al premier Giuseppe Conte, mette nel mirino Davide Casaleggio, che non ha mai interrotto il filo con Alessandro Di Battista, e lo accusa di aver avuto alcuni «incontri riservati» con Claudio Descalzi, l’ad di Eni riconfermato nell’ultima infornata di nomine nelle società partecipate.

«Forse un modo per sviare l’attenzione dal Mes», dice chi critica dall’interno il premier Conte. E nel giorno del Consiglio europeo prosegue la guerra sotto traccia sul Fondo Salva-Stati. Tutte le anime del Movimento concordano sul fatto che l’ex avvocato del popolo italiano in qualche modo ingoierà la clausola della possibilità di un ricorso al Meccanismo europeo di Stabilità. D’altronde il M5s non si può permettere di far saltare il governo. O almeno deve allungare la vita della maggioranza giallorossa fin quando è possibile. Lo ha detto chiaramente martedì il reggente Vito Crimi al Corriere della Sera: «Niente governissimi, non lasceremo commissariare l’Italia». Lo ribadisce Luigi Di Maio in un’intervista a Sky Tg24: «Domani al Consiglio europeo tutti con Conte, in nessun Paese del mondo durante una pandemia si discute di cambiare il presidente del Consiglio». E ancora: «Draghi è una persona rispettabilissima, ma l’utilizzo del suo nome da parte di alcune forze politiche è strumentale per buttare giù Conte». Da giorni l’ex capo politico sta preparando il terreno per far digerire al Movimento l’ennesima giravolta su uno dei pilastri originari. I comunicatori grillini stanno già approntando il maquillage per rivestire di buone intenzioni l’ultimo tradimento. Come accaduto sulla Tav o sul deficit in questi due anni di governo ininterrotto dei pentastellati. Ma stavolta il gioco potrebbe rivelarsi più pericoloso.

E la dimostrazione è il favore crescente che stanno riscuotendo le tesi barricadere di Dibba all’interno del gruppo parlamentare. Tanti che volevano sottoscrivere l’appello sulle nomine si sono bloccati all’ultimo, ma stanno aspettando al varco sul Mes. «Di giorno in giorno aumentano gli attestati di solidarietà nei confronti di Alessandro», così descrive la situazione un eletto. Contesto ancora più anomalo se consideriamo che proprio la truppa in Parlamento negli ultimi anni è stata la parte del grillismo più critica verso le mosse dell’ex deputato romano. Giudicato spesso come un «irresponsabile» e soprannominato «l’anguilla» negli ambienti di Palazzo Madama e Montecitorio per la sua capacità di lanciare il sasso e nascondere la mano. Adesso è diverso. Ed è partita la conta di chi sta con lui.

Il timore è che il Movimento possa non reggere all’impatto di un voto in Parlamento sul Salva-Stati. Soprattutto al Senato, dove la maggioranza per il governo è risicata, ancora più in bilico dopo l’espulsione dal M5s di Mario Michele Giarrusso e il suo transito nel gruppo Misto. Lo scenario estremo è quello dell’immagine plastica di una scissione durante il voto in Aula. Ipotesi evocata per quanto riguarda il Parlamento Europeo dall’eurodeputato Piernicola Pedicini, che ha parlato di «rischio scissione del M5s in Europa». Intanto Pedicini, Ignazio Corrao, Rosa D’Amato e Eleonora Evi, gli eletti a Bruxelles che non hanno seguito le indicazioni del gruppo sulla votazione della risoluzione sul Mes, sono sotto la lente d’ingrandimento dei probiviri: rischiano l’espulsione.DDS

il giornale.it

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