Buoni spesa, toga ribalta tutto “Migranti irregolari li avranno”

Una sentenza che farà discutere. Il tormentone “prima gli italiani” questa volta non vale. Non funziona. Qui c’è di più: il diritto primario all’alimentazione e alla salute.

Il tribunale di Roma approva un ricorso che permetterà probabilmente anche gli immigrati irregolari di accedere ai buoni spesa elargiti dal Campidoglio. La delibera del comune di Roma che chiede la residenza anagrafica come requisito per il buono spesa, escludendo così tutti i migranti irregolari, sarebbe discriminatoria.

Il provvedimento, destinato a fare da apripista, è della giudice Silvia Albano. La decisione accoglie in via d’urgenza il ricorso di un immigrato filippino di 38 anni, assistito dall’avvocato Salvatore Fachile, che ha contestato, davanti al giudice della sezione diritti e immigrazione, la delibera che disciplina l’erogazione dei ticket. Questa decisione, come detto, farà discutere. Solo i cittadini italiani hanno diritto al sussidio straordinario nato dall’emergenza da coronavirus? Sembra di no.

Questi sono i fatti. L’immigrato era giunto in Italia nel settembre del 2016 insieme alla compagna e ai due figli della donna rimasta vedova. Dalla loro relazione era poi nato un figlio in Italia e la coppia era diventata titolare di permesso di soggiorno per sei mesi. Scaduta l’autorizzazione, però, la famiglia è rimasta a vivere, studiare e lavorare nella capitale. Lui sbarca il lunario come aiuto cuoco. Lei come domestica. I figli vanno regolarmente a scuola.

L’extracomunitario aveva chiesto al Municipio XIV il contributo, specificando la propria condizione economica per effetto del lockdown e la situazione di irregolare, privo della residenza. Ma proprio per questi motivi è stato escluso dal buono spesa. L’avvocato del cittadino filippino ha le idee chiare: “Attualmente il ricorrente e la sua famiglia non riuscirebbero neppure a regolarizzarsi essendo al momento chiusi gli uffici Immigrazione delle questure e sospese le procedure di rilascio dei permessi”.

Argomentazione accolta dal giudice che nelle dieci pagine del provvedimento rileva: “Il buono spesa è stato istituito nell’emergenza sanitaria in atto per garantire alle persone più vulnerabili la possibilità di soddisfare un bisogno primario e un diritto fondamentale quale il diritto all’alimentazione”. Richiamando la dottrina della Corte costituzionale e le norme internazionali, il magistrato spiega che nel caso di specie non si discute dell’accesso a prestazioni assistenziali ordinarie, ma dell’accesso a una misura emergenziale. Un provvedimento teso a fronteggiare le difficoltà dei soggetti più vulnerabili a soddisfare i propri bisogni primari, a causa della situazione eccezionale determinata dalla pandemia.

In queste condizioni sarebbe quindi sufficiente che la famiglia abbia dimostrato di abitare effettivamente a Roma attraverso la documentazione scolastica e le certificazioni vaccinali dei figli minori. E di aver certificato la condizione di disoccupazione senza accesso ai benefici della cassa integrazione previsti per i titolari di contratto regolare. Anche i clandestini, stando a questa sentenza, avrebbero diritto a un aiuto dello Stato. E chissà cosa ne pensa il Tesoro. Chissà se ci sarà davvero spazio per tutti in quest’Italia che naviga a vista nella tempesta.

il giornale.it

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