Coronavirus, il documento tenuto segreto dal governo: 800mila morti, “troppo drammatico per rivelarlo”

Il motivo per cui il governo ha agito con ritardo contro il coronavirus ora è chiaro. A svelare quanto accaduto a gennaio è niente di meno del direttore generale della Programmazione sanitaria del ministero. “Non c’è stato nessun vuoto decisionale – tiene a precisare Andrea Urbani interpellato dal Corriere della Sera -. Già dal 20 gennaio avevamo pronto un piano secretato e quel piano abbiamo seguito. La linea è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio”. Un piano tenuto segreto, dunque, per non spaventare il Paese, questa la verità. Eppure le cose non sono andate proprio come sperato: “Con il senno di poi – prosegue – sarebbe stato meglio un lockdown immediato Ma allora c’erano solo i due cittadini cinesi e si è deciso di assumere scelte proporzionate. Attenzione, però. Come ha certificato l’Imperial College, se il governo non avesse adottato le zone rosse e le altre misure di contenimento l’Italia avrebbe avuto tra i 600 mila e gli 800 mila morti”. Secondo Urbani è stato proprio questo scenario a mettere in allerta il ministro della Salute Roberto Speranza e il Comitato tecnico scientifico, che hanno poi deciso di non divulgare il documento.

Non solo, perché alla luce di quelle pagine si spiega anche la circolare che la Direzione generale della prevenzione sanitaria inviò il 5 gennaio a Regioni e ministeri: “Oggetto: polmonite da eziologia sconosciuta – Cina”. In quella missiva c’è anche il monito dell’Oms: “Si raccomanda – si legge – di evitare qualsiasi restrizione ai viaggi e al commercio con la Cina in base alle informazioni attualmente disponibili su questo evento”. Tutte le carte confermano quindi che l’esecutivo era ben consapevole di quanto stesse accadendo.

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