Clorichina, il farmaco della speranza. Può davvero fermare il virus?

La clorichina è almeno in grado di migliorare le condizioni di salute di chi ha contratto il Covid-19? La domanda circola ormai da qualche tempo.

Intanto conviene spiegare di cosa stiamo parlando nello specifico: la clorichina è un farmaco utilizzato per lo più contro la malaria. Anche il presidente Donald Trump ritiene che quella che riguarda gli anti-malarici sia una strada capace di fornire qualche risposta positiva. Capiamoci: Il tycoon non ha sostenuto che questo degli anti malarici sia il sentiero da percorrere a tutti i costi. L’aggettivo che viene ventilato con una certa costanza negli States è “promettente”. Quello sarebbe il massimo attribuibile alla somministrazione della clorichina contro il Covid-19.

Sulla base delle informazioni che ci sono state fornite in queste ore, però, sembra anzitutto necessario rimarcare come la medicina, nel senso di scienza medica, non abbia ancora rintracciato l’avversario del nuovo coronavirus. E vedremo perché.

Secondo Didier Raoult, che è il direttore dell’ IHU Méditerranée infection di Marsiglia, qualche evidenza sull’utilità di un trattamento complessivo – quello che contiene anche la clorichina – c’è già: “In combinazione con l’assunzione di antibiotici mirati contro la polmonite batterica (azythromycin) – ha dichiarato circa un mese fa – , il trattamento ha guarito completamente i soggetti entro una settimana, mentre il 90% dei pazienti che non hanno preso il trattamento è ancora positivo”. La ricerca medico-scientifica sta mettendo in campo ogni sforzo. Il “ripristino alla normalità”, del resto, dipende dalla velocità con cui verranno distribuite delle certezze relative alla cura ed al vaccino. Di nomi di medicine, in queste fasi, ne abbiamo letti tanti. Ma come funziona la clorichina?

Per comprendere qualcosa di più, abbiamo intervistato due medici italiani, che sono nel pieno della battaglia contro il nuovo coronavirus. Renzo Puccetti è uno specialista della medicina interna. Pisano di origini, il dottor Puccetti non crede che la clorichina sia il “farmaco della speranza” per debellare la pandemia: “No – ha esordito, rispondendoci al primo quesito posto, che verteva appunto sul legame tra la clorichina e la “speranza” – , vi sono attualmente in corso centinaia di studi che hanno come intento quello di valutare l’impiego di numerose molecole appartenenti a varie classi terapeutiche nei pazienti affetti dal nuovo Coronavirus. L’idrossiclorochina, molecola meno tossica rispetto alla loro china, è una di queste”. Poi arriva la specificazione:

Ad oggi la letteratura scientifica a sostegno dell’impiego del farmaco è limitata a test in vitro e studi su popolazioni assai piccole e con limiti metodologici. Per questo l’OMS ha pianificato di studiare questo farmaco in maniera più approfondita

Il dottore Renzo Puccetti è anche un bioeticista. Ma ora tutti sono concentrati sullo stato pandemico. Come viene utilizzata la clorichina ora come ora? Il medico interpellato ha risposto che “attualmente” la “collocazione” della clorichina “è nelle fasi iniziali di malattia” ossia “in quei pazienti con sintomi, ma senza impegno polmonare, o nei pazienti con polmonite in corso, ma con quadro respiratorio non molto compromesso”.

L’anti-malarico interessa dunque le fasi iniziali della sintomatologia. Perché, allora, alcuni medici statunitensi sembrano convinti che la clorichina possa rappresentare la soluzione da adottare per combattere la diffusione dei contagi? Il perché è presto detto: “La clorochina un farmaco antimalarico usato da decenni dai reumatologi e dai dermatologi per la sua utilità in una serie di malattie autoimmunitarie. È un farmaco di cui si conosce quasi tutto, in genere è ben tollerato, anche se come tutti i farmaci può avere effetti collaterali talora anche gravi, e costa pochissimo, per cui potrebbe essere dispensato con una certa facilità ad una popolazione vasta come quella esposta all’intenzione da coronavirus”. E ancora: “Queste doti ne fanno un candidato da valutare con molta attenzione. Posso sbagliare, ma non vedo come probabile che un solo farmaco sia risolutivo con un nemico come il coronavirus. Ritengo più verosimile che l’impiego combinato di più molecole, di cui si imparerà a conoscere utilità e limiti, possa costituire un valido aiuto per le persone colpite dalla forma più grave d’infezione da Coronavirus”, ha chiosato il primo dei due medici che abbiamo voluto ascoltare in merito.

Il dottor Giulio Rossi è un ex medico ufficiale alpino. Ora è un medico di medicina generale. Anche Rossi, circoscrivendo il campo di azione della clorichina, ci tiene a specificare che “quei farmaci, cioè idrossilclorichina e clorochina, che trovano impiego nella terapia delle connettiviti (artrite reumatoide, lupus eritematoso, artrite psoriasica), vengono usati perché sfruttano la loro azione immunosoppressiva”. Sì, ma perché: “Queste malattie esprimono una infiammazione acuta. L’azione di questi farmaci va dunque ad inibire la risposta infiammatoria del nostro organismo”. L’approfondimento è chiaro: “Che cosa succede in fondo? Le connettiviti sono una reazione del nostro organismo contro componenti dell’organismo stesso. Somministrando quei farmaci, si inibisce l’infiammazione e viene rallentata la progressione della malattia. In questo caso, diminuiscono la distruzione delle cartilagini articolari e del connettivo del sistema scheletrico”. Questa è la base del ragionamento.

A questo punto, però, diviene lecito domandarsi come la clorichina possa avere a che fare con la lotta al Covid-19. Rossi chiarisce: “Il Covid-19, a livello di manifestazione, produce una intensa reazione infiammatoria. L’uso degli anti-malarici in questa condizione, così come avviene con farmaco sperimentato in Campania, il Tocilizumab, che serve contro l’artrite, inibisce la risposta infiammatoria del nostro organismo, rallentando la progressione della malattia”. Ma c’è più di un “però” che vale la pena rimarcare: “Questi farmaci – ha fatto presente l’ex alpino – andrebbero utilizzati previa visita oculistica, che dovrebbe escludere patologie oculari che si potrebbero aggravare con la somministrazione. I pazienti andrebbero controllati ogni sette giorni con esami specifici”. E non è sufficiente.

Secondo quanto esposto dal medico, infatti, bisogna anche procedere per mezzo di una consulenza cardologica. Questi farmaci – ci viene raccontato – possono interferire con molti antaritmici a farmaci d uso cardiologico. E quindi quale conclusione si può trarre sul trattamento che prevede la clorichina? “Questo protocollo terapeutico (azitromicina, clorochina o idrossiclorochina, eparine a basso peso molecolare e cortisonici), è in attesa della autorizzazione dell’Aifa. Un protocollo che andrebbe eseguito mediante la terapia domiciliare. In realtà, le persone con il Covid-19 andrebbero ricoverate”.

il giornale.it

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