Coronavirus, sindacati e Arci all’attacco: “Fondi per l’emergenza anche agli immigrati”

Roma, 6 apr – Prima gli immigrati. O, se non proprio prima, che abbiano comunque pari diritti degli italiani quando si tratta di percepire i fondi straordinari messi in atto dal governo con l’ordinanza 658 per l’emergenza Coronavirus. Senza distinzione tra regolari, con permesso di soggiorno in scadenza o già scaduto o clandestini. A pensarla così – e a richiederlo a gran voce ai Comuni – è stato un gruppo di associazioni come Asgi, Avvocati per niente, Cgil Umbria, Cgil Lombardia, Caritas Ambrosiana, Action Aid, Naga, Arci, Maurice Glbtq, Associazione La Kasbah, Anolf Milano, Italiani Senza Cittadinanza, Liberi dalla violenza Odv.

Così inizia l’appello riportato su Associazionesoldo.eu: “In queste ore, molti Comuni italiani stanno decidendo sui criteri di ripartizione dei primi stanziamenti deliberati dal governo (ordinanza n.658 del 29.3.2020 pubblicata in GU il 30.3.2020) per incrementare il fondo di solidarietà comunale e contrastare le situazioni di bisogno createsi a seguito dell’emergenza Covid-19. Alcuni Comuni hanno già deliberato, anche in Basilicata, escludendo di fatto tutti gli stranieri o in parte, soprattutto se privi di residenza o se irregolari, o, in altri casi, ammettendo al beneficio solo gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato”. Per le associazioni, non deve esistere limite all’inclusione, “indipendentemente dalla nazionalità, dal titolo di soggiorno, dalla durata della permanenza precedente sul territorio”.

Stesso discorso per i clandestini, gli irregolari sul territorio: pioggia di contributi.  “Quanto agli stranieri privi di titolo di soggiorno, va tenuto conto – spiegano le associazioni – che in questa particolare situazione essi non hanno alcuna possibilità di lasciare il nostro Paese stante il blocco della mobilità internazionale e l’indisponibilità dei paesi di origine a riammetterli nel territorio.”, sostiene il comunicato. “Si tratta dunque di persone “irregolari”, ma di fatto costrette a restare nel nostro Paese; e di persone che, a causa dell’emergenza, hanno dovuto abbandonare i loro precari lavori (rider, badante ecc.) subendo le conseguenze più immediate e pesanti del blocco. Non vi è dunque alcun motivo per escluderli dall’aiuto assegnato a titolo di “solidarietà alimentare”.

Cristina Gauri

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