Coronavirus, il rischio di una seconda ondata

Da giorni non facciamo altro che chiederci quando arriverà il picco dell’epidemia del nuovo coronavirus. Innanzitutto dobbiamo chiarire cosa si intende per picco. Con questo termine indichiamo il giorno più critico nella storia epidemiologica di un’infezione; in altre parole è il momento in cui si registrano più contagi.

Gli esperti hanno varie teorie su quando arriverà l’agognato picco nel nostro Paese: c’è chi dice che è vicino, chi sostiene sia già passato e chi, ancora, crede che si possa parlare di vari picchi, uno per ciascuna regione italiana. Ma è così importante il picco?

Un’epidemia può essere misurata sotto vari punti di vista. Se consideriamo l’andamento dei nuovi casi giornalieri, solitamente succede questo. Nei primi giorni di rilevazione di una qualsiasi epidemia i contagi sono pochi, poi aumentano progressivamente.

Dovessimo riportare i numeri su un grafico, vedremmo una curva salire, salire e salire, fino a un certo punto. Ci siamo: questo è il picco massimo dell’infettività. Superata la soglia critica, i nuovi casi giornalieri diminuiscono fino ad azzerarsi, insieme all’appiattimento della curva. Chiaramente il picco dipende dall’inizio di un’epidemia. Dunque non tutti i Paesi arriveranno nella fase più critica nello stesso momento.

La seconda ondata è sempre più letale della prima

Per evitare che il sistema sanitario nazionale cedesse a causa di un elevato numero di pazienti contagiati nello stesso momento, il governo italiano ha imposto una serie di misure restrittive. L’obiettivo conclamato, da raggiungere attraverso il distanziamento sociale, è quello di alleggerire il carico sugli ospedali, diluendo il carico di malati su un periodo più lungo.

Adesso sembra che il nuovo coronavirus stia concedendo una timida tregua al nostro Paese. Alcuni iniziano a paventare l’ipotesi di riaprire tutto e “tornare a vivere”. Il picco è passato? Probabilmente sì, ma gli esperti frenano facili entusiasmi, dettati probabilmente da adeguate conoscenze scientifiche.

Nel caso in cui decidessimo di tornare alla quotidianità precocemente, si rischia una nuova ondata epidemica, addirittura peggiore della prima. Il motivo è semplice. Mentre la prima ondata è stata causata da pochi individui contagiati, che a loro volta ne hanno infettati altri sani (e così via in un crescendo generale), nella seconda la situazione sarebbe assai diversa. Un allentamento anticipato delle misure d’isolamento farebbe circolare centinaia di migliaia di persone contagiose.

La furbizia dei virus

Gli esperti sostengono che attualmente, a fronte dei numeri ufficiali di malati, vi siano diverse centinaia di migliaia di persone infette senza saperlo. In una ipotetica seconda ondata, sarebbero proprio queste persone a innescare il timer di una bomba che nessuno potrebbe disinnescare.

Scavando nel passato troviamo un precedente in grado di fungere da lezione. Nell’epidemia di influenza spagnola, a cavallo tra il 1918 e il 1920, la seconda ondata fu quella più devastante. I virus non sono sciocchi. Anzi: sono nemici invisibili e molto furbi. Non aspettano altro, dopo averci attaccato una prima volta, un nostro passo falso. Basta che abbassiamo la guarda, pensando di aver vinto la battaglia, e loro sono pronti a beffarci di nuovo, con una forza d’urto raddoppiata. Ecco perché quando torneremo ad aprire le porte di casa, dovremo avere la certezza di non commettere errori madornali.

il giornale.it

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