Coronavirus: è il tempo di sovranismo e confini. Spariscano “competenti” e no border

Roma, 16 mar – Molti sono rinchiusi in un religioso silenzio, alcuni più impenitenti, come Fabio Fazio, ancora ci provano: “Mi sono reso conto che i confini non esistono e che i porti devono rimanere aperti”. Questi sarebbero gli “insegnamenti” che ci porterebbe in dote l’emergenza coronavirus. Eppure ormai per smontare l’ennesima narrazione farlocca della sinistra autorazzista basta veramente poco. La verità evidente è che la gobalizzazione in tutte le sue forme ha fallito. Anzi, ha funzionato solo la globalizzazione dell’epidemia.

Sono proprio le interconnessioni, i viaggi, gli scambi, ad aver favorito la diffusione del virus. L’ideologia no border ha avuto il solo merito di far ritardare l’adozione delle contromisure necessarie, operando l’equazione quarantena=razzismo, rappresentando la chiusura delle frontiere e le misure di contenimento del contagio alla stregua delle chiusura nei confronti degli immigrati. Da qui abbiamo avuto le ormai celebri campagne demenziali sul “no al razzismo sanitario”, le abbuffate di involtini primavera nei ristoranti cinesi organizzate dal Pd, gli hashtag social #abbracciauncinese etc.

La sconfitta dei competenti

Tra gli sconfitti dell’emergenza coronavirus non possiamo non annoverare i “competenti”. Tutto lo schema che voleva da una parte i rozzi populisti ignoranti pieni di soluzioni troppo semplici e dall’altra i tecnici, gli esperti, in grado di spiegarci con serietà come funzionano le cose è saltato. Dall’inizio abbiamo ricevuto una serie di informazioni contraddittorie sul coronavirus, con il ministero della Salute che fino a poche settimane fa ci diceva che non era affatto facile il contagio, con Enrico Mentana che “blastava” quei poveri analfabeti funzionali che andavano a caccia di mascherine, con una virologa “autorevole” come Maria Rita Gismondo che per giorni e giorni ospite in televisione ha minimizzato, paragonando il Covid-19 ad una semplice influenza e commettendo errori su errori.

Non si tratta di sminuire il fondamentale ruolo di esperti e ricercatori ovviamente, quanto “la pretesa autoritaria di stabilire che esista una sola linea politica possibile e un solo modo di raccontare la realtà. La quale, tuttavia, continua a essere sfaccettata e interpretabile e non appiattita su un’unica vulgata”, per dirla con Adriano Scianca. E’ sempre la politica a dover decidere, decade semplicemente il mito dell’infallibilità dei tecnici e si ristabilisce anche in questo caso il primato della politica.

Il fallimento delle istituzioni internazionali

Primato della politica che si dimostra anche in ambito internazionale. Perché se il virus è globale, la realtà è che le risposte sono state tutte nazionali. La globalizzazione ha fallito anche qui, nelle strutture sovranazionali. Dall’Oms che oltre a lanciare allarmi (spesso tardivi) non ha avuto un ruolo concreto, al caso clamoroso dell’Unione Europea, divenuta un vero e proprio ostacolo al tempo dell’emergenza. Le istituzioni europee in particolare stanno assumendo il ruolo di veri e propri nemici dell’Italia, come dimostrano le parole di Christine Lagarde che aprono le porte ad una speculazione contro l’Italia (che hanno causato persino il risveglio di Mattarella), per non parlare di Francia e Germania bloccano le esportazioni di materiale medico sanitario verso l’Italia e delle chiusure dei confini un po’ ovunque.

Sovranità e confini: l’unica risposta al Covid-19

Il confine è concretamente e simbolicamente l’unica arma contro l’emergenza coronavirus oggi. Il confine tracciato intorno al contagio, per isolarlo, e che in breve tempo si sovrappone al confine della Nazione. Gli stati nazionali si sono ritrovati soli a fare fronte all’emergenza, mettendo in campo i loro mezzi a disposizione, il loro sistema sanitario, la loro produzione, le loro regole da imporre ai propri cittadini. In pochi giorni è caduto tutto il castello di carte di questo tipo di cooperazione internazionale, di questo tipo di istituzioni sovranazionali. Un modello economico e sociale viene messo in discussione da semplicissime misure, come l’obbligo per l’unica azienda italiana in grado di produrre ventilatori polmonari di bloccare le commesse con l’estero e di rispondere alle richieste del governo, che per velocizzare la produzione ha mandato i militari ad affiancare gli operai. E se questa azienda avesse delocalizzato gli stabilimenti per abbattere magari il costo del lavoro e guadagnare di più, come lecitamente prevede la dottrina neoliberista, oggi quei ventilatori per le nostre terapie intensive chi li produrrebbe? 

Difendere l’Italia, adesso!

Si manifesta in tutta la sua pienezza un semplice concetto espresso da Carl Schmitt: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione“. E oggi la dimostrazione è che solo gli stati possono esercitare una qualche sovranità e che non c’è salvezza fuori dai confini. E’ la realtà a smentire clamorosamente gli autorazzisti che ancora oggi si sbracciano per l’abbattimento delle frontiere. Il problema è che l’Italia riesce ancora a dare una risposta all’emergenza sanitaria nel breve termine, perché anche se martoriata da privatizzazioni, tagli e follie neoliberiste, ha ancora un sistema sanitario nazionale, un esercito, un minimo di produzione industriale. Ma nel medio e lungo periodo rischiamo di essere cannibalizzati, non potendo mettere in campo quelle misure economiche, quella leva finanziaria, quella liquidità che serve, così come invece fa chi è più sovrano di noi, dalla Cina agli Usa ma anche alla Germania, pronta a mettere sul piatto 550 miliardi. 

Chi ha svenduto la nostra sovranità monetaria, chi ha avallato i tagli alla sanità, chi ha reso questa nazione debole e quasi ingovernabile, ora deve farsi da parte. Adesso è il tempo di ascoltare chi da sempre denuncia le cessioni di sovranità, chi da sempre si batte per difendere i confini, i nostri asset strategici e la nostra identità. Perché “quando tutti gli altri simboli ammuffiscono in fretta, la nazione resta sempre lì, un riferimento forte di cui alla fine hanno bisogno anche coloro che in tempi ordinari non lo sospetterebbero”. Adesso c’è bisogno di Nazione. Adesso c’è bisogno di difendere l’Italia come diceva Ida Magli, nell’ottica di un nuovo Risorgimento.

Davide Di Stefano

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