Carceri in rivolta, l’idea delle toghe rosse: “Liberazione anticipata speciale”

La rivolta nelle carceri di tutta Italia sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema detentivo italiano. Lo sanno gli agenti che in queste ore stanno affrontando le ribellioni da Pavia fino a Palermo, e lo sa la politica.

La sollevazione è dovuta all’emergenza coronavirus. Ai detenuti sono stati vietati i colloqui con i parenti fino a fine marzo, sostituiti da comunicazioni video e dall’aumento delle telefonate. Molti di loro, però, sono anche preoccupati che il virus Covid-19 possa arrivare dietro le sbarre, dove la densità di “ospiti” è molto alta e mantenere il metro di distanza disposto dal nuovo decreto può essere molto difficile. A fronte di 50.900 posti disponibili, infatti, dietro le sbarre ci sono oltre 61mila persone.

I detenuti chiedono amnistia o indulto. Dal carcere di San Vittore, dato alle fiamme, i rivoltosi lo urlano dai tetti. Lo stesso è successo tra ieri e oggi a Pavia, Salerno, Bari, Taranto, Frosinone, Alessandria, Vercelli, Prato, Roma Rebibbia e Napoli Poggioreale. A Modena nel caos delle rivolte sono morti sei detenuti. A Foggia, invece, in 50 sono riusciti a superare le cancellate del carcere e una ventina sono ancora ricercati dalla polizia.

La proposta di Md e penalisti

In molti dunque si stanno chiedendo come affrontare la situazione. Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura democratica, all’Agi ha detto che se l’amnistia non potrebbe “stare al passo con il virus”, ci potrebbero essere altre “misure di applicazione più immediata” per arginare il problema dell’emergenza sanitaria. “Fermo restando l’esclusione dei reati più gravi e ferme le garanzie per le persone offese”, spiega De Vito, si può pensare alla “detenzione domiciliare fino a 2 anni, dopo aver accertato l’idoneità del domicilio”, oppure “al differimento della pena in forma di detenzione domiciliare per il periodo di emergenza per chi ha una pena residua di 2 o 3 anni”, ed eventualmente anche “alla liberazione anticipata speciale”. Si tratterebbe di decisioni drastiche, che sì permetterebbero di “sfoltire” la popolazione carceraria, ma che rimetterebbe in circolazione un grande numero di detenuti.

La pensa allo stesso modo anche la Giunta dell’Unione Camere penali e dell’Osservatorio carcere, secondo cui “l’amnistia e soprattutto l’indulto sono le strade da seguire”. “Occorre immediatamente rafforzare il personale dei tribunali di sorveglianza – si legge in una nota – magari con i magistrati che in questo periodo non terranno udienze, per verificare quanti detenuti (e non sono pochi) hanno diritto ad avere gli arresti domiciliari ovvero la misura (pena) alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche aumentando, con decreto legge, il tetto della pena da scontare per accedere al beneficio”.

Dal Pd è subito arrivata un’apertura. “La situazione nelle carceri italiane da Nord a Sud è molto grave – scrive in una nota la senatrice piddina, Anna Rossomando – Ascoltare le istanze delle rappresentanze del settore e mettere in campo iniziative adeguate alla gravità del quadro, è una necessità urgente. Il ministro Bonafede intervenga velocemente per evitare un ulteriore aggravamento della situazione e per tutelare tutte le persone coinvolte”.

Il centrodestra

Non la pensano così le forze di centrodestra. La Lega è pronta a chiedere un commissario straordinario per l’emergenza carceri. Per Matteo Salvini, che da ore è nella sede di Regione Lombardia a Milano, “serve tutelare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria” e la soluzione per placare le rivolte “è il pugno duro per chi non rispetta le regole, non certo il regalo dei domiciliari per i detenuti a fine pena come sostenuto dal Pd”. Sulla stessa linea anche Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia: “È intollerabile la rivolta che si sta estendendo a tutte le carceri italiane – dice – Giusto affrontare ovunque i temi dell’emergenza sanitaria. Ma chi con queste rivolte distoglie le forze di polizia, che dovrebbero contribuire all’attuazione dei decreti per la tutela della salute dei cittadini, deve sapere che incorrerà in ulteriori sanzioni penali. Questo il Governo lo deve dire con immediatezza e con chiarezza”. Per Carlo Fidanza, di Fdi, quanto visto a San Vittore e nel resto d’Italia è “intollerabile”: “Lo Stato deve ristabilire l’ordine immediatamente anche se necessario utilizzando il nostro Esercito – ha detto – “Se non si vuole fare passi indietro rispetto al regime delle ‘celle aperte’ è assolutamente indispensabile potenziare la Penitenziaria i cui agenti diversamente rischiano di essere esposti a rischi elevatissimi, come emerso in queste ore in tutta Italia”.

I sindacati di polizia

In prima fila ci sono ovviamente gli agenti della polizia penitenziaria. Sono ore molto difficili. “La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo – dice Domenico Pianese, segretario generale del Coisp – C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata”. L’associazione Vittime del Dovere, invece, si oppone all’idea che “tale vicenda sia il grimaldello usato da certi personaggi per ottenere sconti di pena e provvedimenti di clemenza verso soggetti che per l’ennesima volta dimostrano di non essere pronti a vivere civilmente”. La tensione è ai massimi livelli. “Più che la ribellione dei detenuti c’è chi soffia sul fuoco chiedendo indulto e amnistia, c’è qualche partito politico che ha sempre puntato su quello – attacca Donato Capece, segretario del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria – Quello che sta succedendo mette chiaramente in evidenza la politica fallimentare dell’amministrazione penitenziaria e del ministro della Giustizia: noi chiediamo le dimissioni del capo del Dap Basentini e del ministro Bonafede. Hanno portato le carceri allo sfascio”.

il giornale.it

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