Così si è diffuso il coronavirus nel mondo

Dalla Cina al resto del mondo seguendo tre strade diverse: una diretta al cuore dell’Europa, in Germania, una verso gli Stati Uniti e l’ultima, a “due punte”, in direzione Corea del Sud e Australia. Così, secondo le prime ricostruzioni degli esperti, il nuovo coronavirus sarebbe riuscito a diffondersi in giro per il mondo con una velocità di contagio mai vista.

Anche se stiamo parlando di ipotesi, le fonti sono più che attendibili: rinomati medici, prestigiose riviste scientifiche di caratura internazionale e paper di brillanti ricercatori. Ripercorrere la storia del contagio del Covid-19 è molto complicato, considerando che è impossibile tracciare tutti ma proprio tutti gli spostamenti delle persone da dicembre a oggi. In ogni caso la comunità scientifica ha iniziato a trarre le prime conclusioni.

Dalla Cina all’Europa

Come ha fatto il coronavirus ad arrivare in Europa? Partiamo dall’inizio. L’epicentro del contagio si trova a Wuhan, nella provincia dello Hubei, in Cina. Le prime polmoniti misteriose si sono manifestate in questa megalopoli da 11 milioni di abitanti nel dicembre 2019. Il 31 dello stesso mese Pechino ha informato l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), indicando il mercato ittico di Huanan come possibile origine dell’epidemia.

Il 23 gennaio le autorità locali chiudono l’aeroporto della città e fermano tutti i mezzi di trasporto pubblico: scatta la quarantena. Il 24 gennaio viene registrato il primo contagio di coronavirus in Germania. Ecco la pista che porta verso l’Europa.

Dalla Germania al resto d’Europa

Il primo europeo ad aver contratto l’infezione del nuovo coronavirus potrebbe essere un uomo di 33 anni di Monaco, manager di Webasto, un’azienda che conta oltre 50 sedi in tutto il mondo (2 in Italia, a Torino e Bologna) e più di 30 stabilimenti produttivi, 12 dei quali in Cina (uno pure a Wuhan). Per sottolineare l’intensa relazione del colosso con il Dragone, basti pensare che dei 3,5 miliardi complessivi di fatturati ben 1,2 miliardi derivano dal business cinese.

Stando a una lettera di medici tedeschi pubblicata sul New England Journal of Medicine, l’uomo infettato aveva preso parte a una riunione in cui era presente anche una collega cinese, rimasta in Germania dal 19 al 22 gennaio. La signora non accusava alcun sintomo (ha scoperto di essere positiva al Covid-19 solo una volta rientrata in Cina) mentre l’uomo ha manifestato sintomi respiratori e febbre alta il 24 gennaio.

Le sue condizioni sono migliorate e il 27 è tornato al lavoro. Dopo pochi giorni anche vari dipendenti della stessa azienda hanno contratto l’infezione. Da questo focolaio, il coronavirus si sarebbe diffuso nel resto d’Europa, Italia compresa.

Le altre due strade

Del tutto infondata la lettura data in questi giorni da alcuni media, secondo cui l’Italia avrebbe infettato decine di altre nazioni. Le ipotesi dello studio citato vanno in tutt’altra direzione: sarebbe stato il focolaio di Monaco il vero responsabile della diffusione di casi.

Ma attenzione: gli esperti ritengono anche che il nuovo coronavirus possa essere arrivato in Europa dalla Cina portato da centinaia di persone diverse. Ecco perché è del tutto inutile trovare il paziente zero: potrebbero essercene tantissimi.

Per quanto riguarda le altre due strade, quella americana e quella diretta in Oceania, la vicenda è simile a quella capitata in Europa. L’unica eccezione riguarda la Corea del Sud: qui, ad alimentare i contagi, ha contribuito una setta religiosa, la Chiesa di Shincheonji. Una delle sue sedi, infatti, si trova proprio a Wuhan.

il giornale.it

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