Pronto il ddl contro l’omotransfobia: in manette chi rifiuta gender e adozioni Lgbt

Roma, 4 mar – «L’esecutivo di governo sta facendo passare il reato di omotransfobia mentre il Paese è distratto dal Coronavirus». E’ questo l’allarme lanciato dal senatore Simone Pillon, che in un’intervista alla Nuova BQ porta allo scoperto l’intenzione della maggioranza giallofucsia di portare il prima possibile in aula un progetto di legge che è «una bomba che esploderà sulla libertà di pensiero e di parola per chiunque non si piegherà al diktat omosessualista».

Pillon si riferisce alla proposta Zan, con la quale si intende modificare due articoli del Codice Penale: il primo, l’art. 604 bis cp, che sanziona, tra le altre, quelle condotte volte a discriminare o a commettere atti di violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; il secondo, l’art. 604 ter cp, che prevede delle aggravanti per alcuni reati se commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. Ebbene, la proposta Zan vorrebbe inserire come motivazioni anche quelle legate all’orientamento sessuale: cioè omosessualità, e all’«identità di genere», leggasi transessualità. Omofobia e transfobia quindi, diventerebbero reati a tutti gli effetti.

Per farlo l’esecutivo ha già scavalcato l’opposizione: «Ci siamo opposti come Lega e abbiamo presentato per le audizioni alcuni autorevoli esponenti della società civile». Ma dalla II Commissione Giustizia della Camera è calata la scure: la presidente Francesca Businarolo ha infatti impugnato l’elenco delle audizioni e «dopo averci chiesto di ridurre la lista ad appena una ventina di nomi, ne hanno ascoltati appena 3 e poi hanno stralciato i restanti». Pillon lo definisce «una vergognosa compressione delle regole democratiche che denota la volontà della maggioranza di governo di non voler fare i necessari approfondimenti su una legge che andrà ad impattare su alcuni dei principali diritti costituzionali come quello della libertà di educazione e di parola».

«Dai testi emerge un quadro allucinante – attacca il senatore –. Se passasse il testo unificato, avremmo da una parte l’impossibilità di esprimersi circa il gender nelle scuole perché chiunque alzasse la voce contro le drag queen di Roma e Bologna – per fare un esempio recente dalla cronaca – sarebbe immediatamente messo sotto processo per istigazione all’odio contro i transessuali e se fosse condannato sarebbe anche condannato al carcere e alla pena accessoria di svolgere lavori socialmente utili nelle associazioni degli omosessuali».

Per chi venisse ritenuto colpevole di tali reati è infatti previsto il carcere fino a un anno e mezzo e fino a 6000 euro di multa. Ma secondo quali parametri si può dimostrare una colpevolezza che rischia di essere puramente ideologica? Nel testo manca una definizione precisa del reato, quindi la sua fattispecie verrebbe lasciata all’interpretazione dei giudici. Cosa succede se ci si ritrova davanti a magistrati fortemente ideologizzati? E chi impedirà agli attivisti Lgbt di querelare a mani basse chiunque sbagli un pronome o sostenga che esistono solo due generi, o danneggiare chi sostiene che il sesso biologico di un transessuale è diverso da quello con cui si identifica?

Il rischio di una deriva folle, come quella a cui si sta assistendo in Gran Bretagna, è dietro l’angolo. I più esposti sarebbero quindi giornalisti, attivisti pro family, insegnanti «ma anche genitori: poniamo il caso di un papà che protesta con il preside della scuola di suo figlio per una iniziativa scolastica di chiaro stampo omosessualista. Ebbene, potrebbe essere denunciato dal dirigente scolastico e condannato per omofobia. Ecco perché siamo tutti esposti». Il testo prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro a favore dei centri anti violenza dei transessuali e l’istituzione di una Giornata contro l’omofobia e la transfobia comprensiva di obbligo per le scuole di ogni ordine e grado di svolgere attività informative sul tema.

Da segnalare la campagna di denuncia firmata da Pro Vita & Famiglia che ha affisso centinaia di cartelloni in tutte le città d’Italia: «Lo sai che rischi una condanna per omotransfobia se credi che si nasca maschio e femmina e se lo insegni ai tuoi figli? Con l’emergenza coronavirus, la mancanza di letti negli ospedali, l’economia in caos, la priorità per la nostra maggioranza è una legge liberticida? No grazie, #Restiamoliberi è il nostro hashtag, #Restiamoliberi è il nostro appello contro chi vuole toglierci la libertà», hanno scritto Jacopo Coghe e Toni Brandi.

Cristina Gauri

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