Caso Gregoretti in Aula, Salvini: “Governo assente, che pena”

Il giorno della verità per Matteo Salvini è arrivato. Nell’Aula del Senato è iniziato il dibattito che porterà al voto per approvare o meno l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona per il caso Gregoretti.

La vicenda esplosa lo scorso luglio davanti alle coste della Sicilia e conclusasi quattro giorni più tardi nel porto di Augusta, quando i 130 migranti soccorsi vennero fatti sbarcare, è ora alle battute finali.

Dopo il voto in Parlamento, il caso passerà ai magistrati che dovranno stabilire se rinviare a giudizio il leader della Lega.

A Palazzo Madama la maggioranza è pronta a dire sì al processo, mentre gli alleati del centrodestra si schierano contro. Il voto (palese e a maggioranza assoluta dei componenti del Senato) sarà definitivo e dovrebbe arrivare prima di pranzo, ma l’esito finale sarà ufficializzato solo in serata per lasciare il tempo a tutti di esprimersi.

Al via la seduta al Senato

A dare il via alla seduta a Palazzo Madama è stata la relatrice Erika Stefani che ha illustrato il lavoro svolto dalla Giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato. “Esautorata la Giunta dalla sua funzione principale, piegata a ragioni politiche, a questo punto, la sede necessaria al fine di poter rinvenire la verità risulta essere solo la sede processuale”, ha spiegato la senatrice della Lega. “La attività dell’organo – ha attaccato Stefani – è stata del tutto condizionata in questa occasione da posizioni espresse dai partiti politici che hanno anticipato la loro decisione nel merito prima di iniziare la discussione”. Nella sua ricostruzione, la leghista ha ricordato come “alcuni membri hanno rifiutato di intervenire anche in sede di discussione nel merito, abbandonato i lavori per due volte e non partecipando alla votazione finale”. “La Giunta – ha continuato -, a seguito della parità dei voti favorevoli e di quelli contrari, non ha approvato la proposta messa ai voti dal Presidente e pertanto si è intesa accolta la proposta di concessione dell’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Matteo Salvini, nella sua qualità di Ministro dell’Interno pro tempore”.

L’ex ministro della Lega ha sostenuto che l’attività dell’allora ministro dell’Interno Salvini ha agito nell’interesse nazionale, ricordando che il ritardo dello sbarco è stato causato dai “meccanismi di ricollocamento dei migranti” che “non erano operativi alla data del 26 luglio 2019 e che si stava elaborando un percorso per la loro redistribuzione. Quindi serviva il mero tempo tecnico perché si procedesse allo sbarco”. “Il senatore Salvini – ha continuato Stefani – ha prodotto elementi che dimostrano il coinvolgimento del governo; vi sono anche delle dichiarazioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e una del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, mai smentite, sulla situazione della nave Gregoretti. C’è stata anche piena conoscenza diretta del dossier da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte”. Così la senatrice ha messo in luce la posizione dei ministri e del premier che non hanno “mai fatto una dichiarazione per contestare la scelta del ministro Salvini”.

Vuoti i banchi del governo durante la discussione sulla richiesta di autorizzazione a procedere. “Che pena, senza vergogna”, ha scritto sui social Salvini pubblicando una foto dei banchi, “Governo assente. Vogliono mandare a processo Salvini, non hanno il coraggio di presentarsi in Aula”.

Il dibattito

Dopo le parole della leghista si è aperto il dibattito (guarda la gallery). A conclusione degli interventi, parlerò Salvini che dimostrerà di aver agito nell’interesse pubblico. “Pronto per intervenire in Senato, a testa alta e con la coscienza pulita di chi ha difeso la sua terra e la sua gente. ‘Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui””, ha scritto sui social il leader della Lega, citando una frase del poeta Ezra Pound, poco prima di entrare in aula.

“È ridicolo sostenere che una nave italiana fosse una minaccia per la patria. Voterò a favore dell’autorizzazione a procedere per dare la possibilità a Salvini di difendersi nel processo come tutti i cittadini, non dal processo”, ha tuonato Emma Bonino. Sostegno al leghista è invece arrivato da Daniela Santanché (“Gli italiani stanno dalla parte del ministro Salvini. Voi provate a lucrare elettoralmente, ma la Storia non è dalla vostra parte”) e dalla senatrice di Forza Italia, Fiammetta Modena (“La richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, ministro dell’Interno, è un pericoloso precedente, inaccettabile”).

“Non intervengo in Aula ma voto”, ha invece annunciato Matteo Renzi parlando nel Transatlantico a margine della discussione. Il leader di Italia viva nei giorni scorsi aveva dichiarato esplicitamente che voterà sì al processo contro Salvini.

Salvini “rinunci alla sua immunità: la esorto a farlo, sarebbe un bel gesto”, ha dichiarato Gregorio De Falco, senatore del Gruppo Misto. “Anche la gente di cui parla come il suo popolo, si aspetta che lei sia coerente con i proclami che sta facendo da due anni”, ha poi aggiunto.

Nel frattempo, FI e FdI hanno depositato l’ordine del giorno, firmato dai capigruppo Bernini e Ciriani, con cui chiedono all’Aula del Senato di respingere la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per la vicenda Gregoretti.

È stato poi il momento della senatrice Giulia Bongiorno: “In questi giorni il dibattito è stato ‘Salvini fuggirà o no dal processo?’ Come se il processo fosse già deciso. Attenzione a non abdicare del tutto al nostro dovere. Se ragioniamo così ci trasformiamo in Azzeccagarbugli. Non siamo Azzeccagarbugli. E lo dico anche a Salvini: non si faccia provocare. Nessuno di noi può scavalcare i giudici. Senatore Salvini è in gioco il suo destino, ma è in gioco anche l’indipendenza dei poteri”. L’avvocato aveva già invitato Salvini a “non avallare la linea dell’autorizzazione a procedere”.

Le parole di Salvini

Andare al processo per la vicenda Gregoretti “è un motivo d’orgoglio. Io non scappo”, ha dichiarato il leader della Lega ai cronisti al Senato. “Siamo antropologicamente e culturalmente diversi – ha tuonato -: io mai nella vita chiederò che siano i giudici a giudicare Conte, Zingaretti o Di Maio. Il giudizio che conta è quello del popolo”. A breve il suo discorso in aula.

il giornale.it

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