Amazzonia, così le Ong incendiano la foresta per incassare i fondi stranieri

Accusati di aver appiccato volontariamente dei roghi ad Alter do Chao per ottenere finanziamenti internazionali e l’attenzione dei media di tutto il mondo: in Amazzonia, la polizia brasiliana ha arrestato quattro attivisti della Psa, una Ong che combatte i roghi forestali.

Le forze dell’ordine hanno perquisito la sede dell’organizzazione Progetto Salute ed Allegri (Psa) a Santarem, dove hanno sequestrato computer e cellulari. L’arresto è maturato dopo alcune intercettazioni telefoniche, secondo le quali l’ong “ha ottenuto un contratto con il Wwf, al quale hanno venduto 40 immagini per 70mila reais (circa 15 mila euro) e il Wwf ha raccolto per loro donazioni, come quella dell’attore Leonardo DiCaprio, per 500mila dollari, per combattere i roghi in Amazzonia”. I vertici dell’organizzazione respingono ogni accusa: “Sembra quasi uno scherzo, una situazione senza senso. Adesso manca solo che vadano ad arrestare i volontari che stanno pulendo le chiazze di greggio sulle spiagge”.

Come spiega IlGiornale.it, la sinistra è subito insorta, accusando gli investigatori di aver montato un caso ad hoc per favorire la narrazione del presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, il quale aveva più volte puntato il dito contro la presunta attività criminale delle ong in terra brasiliana. In un discorso a Brasilia, Bolsonaro quest’estate aveva sottolineato che questi incendi, in maggioranza causati dall’uomo, potrebbero essere stati appiccati appositamente dalle ong. “Sulla questione degli incendi in Amazzonia, che secondo me potrebbe essere stata avviata dalle ong perché stanno perdendo soldi e fondi… qual è il fine ultimo? Quello di portare problemi in Brasile” aveva spiegato, suscitato l’indignazione di attivisti e media da tutto il mondo. Al tempo, dopotutto, il presidente non aveva fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi. Ora, però, c’è un’indagine in corso. E se avesse davvero ragione? Certo non sarebbe l’unica causa dei roghi in Amazzonia.

Ma i soldi fanno gola e la pratica di appiccare incendi per ottenere finanziamenti da attori facoltosi e filantropi come Di Caprio non sarebbe certo così strana né inusuale. È successo anche in Italia, non di rado, e in Europa. Peraltro, il presidente brasiliano non è stato il solo a ipotizzare i presunti reati, anche il sindaco di di Alter do Chao, Nelio Aguiar, affermava che “sono in corso indagini della polizia su alcune persone che starebbero devastando l’area per poi mettere in vendita lotti della riserva ambientale” anche se è rimasto sorpreso dall’inchiesta della polizia. A metà settembre, lo Stato del Parà, il secondo più grande dell’Amazzonia brasiliana, ha richiesto il sostegno dell’esercito per combattere un incendio apparentemente doloso in una riserva ambientale. Vista l’entità dell’incendio nella riserva di Alter do Chao, il governatore locale Helder Barbalho chiese al governo del presidente Jair Bolsonaro di inviare soldati della Zona Militare del Nord e truppe della Forza nazionale di pubblica sicurezza. Ora l’inchiesta della polizia punta il dito contro l’attività della ong. Nel frattempo, nella foresta pluviale amazzonica brasiliana accelera il ritmo della deforestazione. Tra agosto 2018 e luglio 2019, infatti, sono stati distrutti 9.762 chilometri quadrati di vegetazioni, quasi il 30% in più rispetto al “record” del 2008. Lo riporta l’Istituto brasiliano delle ricerche spaziali (Inpe). Inchiesta sulle Ong a parte, le cause degli incendi che stanno distruggendo ettari ed ettari di foresta amazzonica sono tante: tra queste anche la necessità di ricavare terreno per nuovi allevamenti intensivi di carne bovina.

il giornale.it

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