Conte si auto-assolve sulla consulenza Fiber. E l’Aula grida: “Elezioni”

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si autoassolve dall’accusa di conflitto d’interessi sul caso Fiber in un Parlamento che invoca le elezioni.

È una difesa debole che non chiarisce i punti oscuri della vicenda. Il premier si presenta alle ore 19 sul banco del governo per riferire sul conflitto raccontato la scorsa settimana in un articolo del Financial Times, che aveva scoperto che una società finanziata da un fondo d’investimento finito al centro di uno scandalo finanziario in Vaticano l’aveva assunto come consulente poco prima della sua nomina a capo del governo.

Conte il 14 maggio 2018 (15 giorni prima di giurare da premier del governo gialloverde) fornisce un parere pro veritate alla società Fiber 4.0 su una materia che il Consiglio dei ministri il 7 luglio 2018 (guidato da Conte) sarà chiamato ad affrontare. La storia è abbastanza nota: nell’aprile 2018 parte la corsa a Retelit, gioiellino delle telecomunicazioni che gestisce 12mila km di fibra ottica in Italia. I contendenti sono due: il finanziere Raffaele Mincione con la Fiber 4.0 (società si rivolgerà a Conte per il parere pro-veritate) e il fondo tedesco Shareholder Value. I tedeschi si alleano con una società statale libica (azionisti di Reteil) e vincono la battaglia. Ma Mincione chiede al governo Gentiloni (27 aprile), ormai in carica per gli affari correnti, dopo il voto del 4 marzo, di esercitare la golden power per scongiurare che un gruppo strategico per l’Italia finisca in mano straniera. Tesi sostenuta con un parere legale pro veritate. Chi lo formula? Conte. A Montecitorio, il clima è caldissimo: maggioranza e opposizioni urlano. Costringendo il presidente Roberto Fico a interrompere gli interventi. Il primo punto che il presidente del Consiglio prova a smontare in Aula è il contenuto del parere: «Preciso – dice Conte – che il parere stesso non ha avuto a oggetto la decisione circa l’opportunità di esercitare o meno la golden power, competenza questa del governo, ma ha riguardato esclusivamente l’applicabilità o meno della relativa disciplina».

Secondo punto, le date su cui restano i dubbi. Quando Conte ha consegnato il parere a Fiber 4.0 sapeva che sarebbe diventato presidente del Consiglio? Conte dice di no. Ma le date lo inchiodano. Il parere viene consegnato il 14 maggio. Ma Conte già il 13 maggio era a conoscenza che Lega e Cinque stelle l’avrebbero designato come capo del governo. E sul punto il premier spiega: «Questo primo incontro, evidentemente interlocutorio rispetto al conferimento dell’incarico di governo è comunque intervenuto a distanza di giorni dall’accettazione dell’incarico». Terzo punto, i legami con finanziere Raffaele Mincione. Conte nega di conoscerlo. Quarto punto: il Consiglio dei ministri il 7 luglio decide sulla richiesta di golden power. Conte respinge l’accusa di un conflitto: «Una volta investito della carica di Presidente del Consiglio mi sono astenuto da qualsivoglia attività o da qualsivoglia forma di coinvolgimento, formale e sostanziale, riguardanti la decisione circa l’esercizio della golden power nell’operazione Retelit. Mosso da questo scrupolo, scrissi al Segretario generale con la quale lo informavo della mia determinazione ad astenermi da qualsiasi atto e, comunque, dalla partecipazione in qualsiasi forma a questo procedimento». Restano dubbi e sospetti. Dubbi evidenziati dalle opposizioni che in Aula gridano: «Elezioni, elezioni». Giulio Centemero (Lega) affonda il colpo: «La ricostruzione fatta da Conte ricorda il Naso di Gogol». E rilancia il punti non chiariti: «Chi le ha conferito formalmente l’incarico? Lei ha dichiarato di non aver parlato con Mincione e allora con chi? Le è stato conferito l’incarico quando era ministro in pectore del 5stelle o in altro momento? Perché ha mentito dicendo che quando firmò il parere non si aspettava da lì a 15 giorni di andare a Palazzo Chigi come padrone di casa?». Il Pd, che all’epoca sollevò il caso, fa scudo al premier. Per Giorgio Mulè (Fi) «Conte ha taciuto agli italiani». Dalla maggioranza una difesa a spada tratta di un premier a sua insaputa.

il giornale.it

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