E ora la Corte dei conti europea vuole indagare sugli aiuti all’Italia

Suscitò un certo stupore l’ammissione, oramai datata, della cancelliera Angela Merkel sull’Italia lasciata sola nell’accoglienza ai migranti e altrettanto la conferma affrettata del commissario Pierre Moscovici.

Quelle parole trovarono una poderosa eco non soltanto in tutta Europa ma anche oltreoceano. E tanto tuonò che piovve. Già, perché è vero che sono passati più di sei mesi da quelle dichiarazioni ma proprio adesso la Corte dei conti europea, nel ruolo che le compete, ossia di revisore esterno indipendente dell’Ue, ha aperto un fascicolo per valutare il sostegno dato all’Italia dagli altri stati membri sul capitolo accoglienza.

Sta per finire sotto la lente dei contabili di Lussemburgo (è qui che la Corte ha la propria sede) l’intero processo migratorio: dalla gestione degli sbarchi, alla presa in carico, alle procedure di asilo e di rimpatrio. Mentre gli anni indagati vanno dal 2015 al 2017, ovvero il periodo più critico in cui sulle coste italiane sbarcarono circa 445mila stranieri (144mila nel 2015, 181mila nel 2016 e altri 120mila nel 2017 stando ai dati del Viminale). I giudici lussemburghesi sono pronti a valutare se il sostegno fornito all’Italia da Olanda, Germania, Belgio, Francia, ma anche da Polonia e Ungheria è stato congruo alle necessità, compresi gli impegni finanziari. Ossia «se il sistema abbia raggiunto gli obiettivi perseguiti e se le procedure di asilo e di rimpatrio siano state rapide ed efficaci; se sono stati apportati miglioramenti nella gestione e sul piano della performance» si legge nel documento stilato. Frasi amare da mandare giù soprattutto per la Francia, sempre più protagonista di un feroce braccio di ferro con Roma che sta generando ormai continui malumori diplomatici. E assieme a quella italiana verrà anche analizzata la posizione della Grecia. Per mettere in piedi l’indagine verrà avviato anche un audit che si concluderà prima dell’estate per far sì che, poi, la relazione definitiva, sia pronta per essere pubblicata entro la fine del 2019.

A forzare la mano sulle modalità e sui tempi il laburista maltese Leo Brincat, membro della Corte dei conti europea e responsabile dell’audit, che ha sottolineato: «Le sfide poste dalla migrazione hanno rivelato debolezze nelle politiche dell’Ue in materia di asilo e migrazione e nella gestione da parte dell’Unione delle frontiere esterne. I meccanismi esistenti sono stati sottoposti a pressioni considerevoli che in alcuni casi ne hanno sollecitato la sospensione temporanea. È quindi essenziale assicurare l’attuazione delle misure opportune e del quadro normativo per la gestione della migrazione». Un preambolo che potrebbe suonare come una revisione sostanziale per il trattato di Dublino e che potrebbe mettere in piedi un documento per una gestione comune e solidale del fenomeno migratorio in sede europea. Quella gestione che non suscitò il mea culpa della cancelliera tedesca. I punti chiave sui quali la Corte dei conti intende veder chiaro riguardano le diverse misure per gestire la crisi: la creazione di hotspot e hotspot approach nonché l’introduzione di meccanismi di ricollocazione che, almeno in origine, avevano un carattere temporaneo. Però, benché le cifre a oggi siano poi scese al livello pre-crisi (biennio 2013-2014), decine di migliaia di migranti stanno ancora cercando di entrare nell’Unione. E questo per l’intera comunità, come scrivono i contabili di Lussemburgo, risulta un problema da analizzare e risolvere.

il giornale.it


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