Sofri adesso difende Battisti: “Il carcere? È una vendetta”

Adriano Sofri rompe il silenzio sulla cattura e il rientro in Italia di Cesare Battisti.

Sofri, ex leader di Lotta Continua condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi in una lettera al Foglio critica fortemente l’esposizione mediatica dell’arresto dell’ex terrorista dei Pac: “So mettermi nei panni di un agente della polizia penitenziaria. Ne ho conosciuti tanti, alcuni spregevoli, alcuni stimabili, di alcuni diventai amico. Dovranno occuparsi di questo Battisti sul quale si è fatto tanto chiasso. E’ probabile che agli agenti, benché non dipendano dagli Interni ma dalla Giustizia, siano arrivate più forti le parole di Salvini che quelle di Della Rocca. Immagino – potete immaginarlo anche voi – che risonanza possano avere parole simili in chi si proponga, per propria cordiale inclinazione o per zelo di obbedienza o tutti e due, di praticarle. Immagino di sentirle ripetere attraverso lo spioncino, come un divertito ritornello: ‘Devi marcire fino all’ultimo giorno’. (E’ una variazione distillata, sofisticata, del più asciutto slogan di stadi e galere: ‘De-vi mori-re!’)”.

Poi l’affondo su Salvini si fa ancora più duro e di fatto c’è una sorta di timore da parte di Sofri che le parole del titolare del Viminale possano far breccia sugli agenti di polizia penitenziaria che seguiranno la detenzione di Battisti: “Bastava la televisione. Ha fatto capire che sarebbe stato più forte di lui, da vicino, l’impulso a farsi giustizia con le sue mani, tenetemi sennò – aggiunge – Gli agenti penitenziari, quelli nei cui panni mi ero messo sopra, lo vedranno giorno e notte da vicinissimo, Battisti. Speriamo che siano più controllati del ministro. Il quale, se non nei panni, nelle divise loro si mette in posa come nessun altro”.

Ma a questo punto l’intervento di Sofri si sposta su un altro fronte ed è quello della detenzione come strumento rieducativo. Per Sofri il carcere è inutile per il pentimento di chi delinque. “Capisco, mi pare, il desiderio dei famigliari delle vittime di vedere chiuso in carcere il responsabile provato – o colui che credono il responsabile provato – del loro lutto. Io però ho da tantissimo tempo, e molto prima che mi riguardasse così da vicino, un’obiezione di coscienza radicale alla galera, salvo quando la reclusione sia il solo modo per impedire a qualcuno di fare ancora del male. Un’abitudine pigra, ma niente è più ostinato dell’abitudine, continua a identificare il risarcimento dovuto alla vittima e alla comunità con la cella. Io provo solo disgusto e vergogna per la cella, con tanta forza che non mi succede mai, nemmeno fra me e me, di augurarmi che le persone che detesto e considero nemiche (ce ne sono, infatti, com’è umano) finiscano loro in galera. Perché la galera, chi la conosca da carcerato o da carceriere, e resti umano, nobilita il prigioniero e contagia di ignobiltà chi la augura”, ha affermato Sofri sul Foglio.

E qui arriva una vera e propria bocciatura per il sistema penitenziario: “Il carcere è il luogo più disadatto al vero pentimento. Il carcere è così disumano e cattivo e assurdo da attenuare fino a cancellare la stessa differenza fra innocenza e colpevolezza, da insinuare nel detenuto una sensazione di umiliazione e di offesa che prevale sulla ragione che ce l’ha portato. In carcere si può ‘pentirsi’ solo maledicendo l’accidente che vi ci ha portati: una lezione a delinquere meglio, la volta che ne sarete usciti. Chi attraversi una conversione vera dei propri desideri e della propria vita lo fa non grazie alla galera, ma nonostante la galera. La quale, che lo si voglia oppure si pensi e si proclami di non volerlo, è una vendetta”. Insomma secondo Sofri il carcere è del tutto inutile. Lo spieghi ai familiari delle vittime di Battisti che hanno perso un fratello, un papà o un figlio…

il giornale.it


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