LEOLUCA ORLANDO? E’ LO STESSO CHE INFAMAVA GIOVANNI FALCONE PERCHE’ AVEVA SCOPERTO I SUOI INCIUCI CON CIANCIMINO

PALERMO – “Perché Orlando attaccò Falcone?”. La domanda giunge alla fine di un dibattito svolto a Palermo.È il cognato del magistrato e marito di Anna Falcone, Alberto Cambiano, a lanciare l’interrogativo dalla platea verso il palco. A raccoglierlo, l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli. “La spiegazione – dice Martelli – sta scritta nei verbali dell’interrogatorio al quale Falcone fu sottoposto al Csm”. Un interrogatorio nato proprio dalla famosa frase e dal successivo esposto firmato anche da Orlando, secondo cui il magistrato

“teneva nei cassetti” le carte sulle indagini relative ai mandanti dell’omicidio di Salvo Lima e di altri assassinii eccellenti di quegli anni.

“E’ lo stesso Falcone – spiega Martelli – a dare una spiegazione a quella insinuazione atroce rivolta verso il giudice che debellò la cupola mafiosa”.Secondo Martelli, Falcone non aveva una gran voglia di affrontare quell’argomento durante l’audizione al Csm, poi, dopo l’insistenza dei componenti, “lo dice chiaro e tondo: ‘Forse il sindaco di Palermo non ha sopportato che io indagassi su grandi appalti che riguardano l’illuminazione e le fognature di una grande città, perché ci sono appalti e appalti: i piccoli e quelli miliardari. E io indagando su quelli miliardari, nel caso di Paermo ho scoperto che con Orlando sindaco, Ciancimino era tornato a imperare”. Martelli ricorda poi il contesto nel quale collocare quegli eventi: “Eravamo nel 1991, e si voleva considerare Ciancimino fuori dai giochi, ma non era così. Questa era la cosa che fece impazzire di rabbia Orlando. L’accusa rivolta a Falcone sarebbe una ritorsione polemica”.

Secondo Martelli, “la pubblicazione dei verbali del Csm è stato il modo migliore di tener viva l’eredità morale di Giovanni Falcone”, il giudice “più apprezzato nel mondo e più contestato in Italia”. Martelli, come detto, è intervenuto a Palermo a un incontro organizzato dall’associazione “Idea e Azione” e moderato dal giornalista Felice Cavallaro, al quale è intervenuto anche Alfonso Giordano, che fu presidente del maxiprocesso a Cosa nostra. La verità raccontata in quelle carte è, secondo Martelli, quella di “un giudice tanto avversato in vita da quelle stesse persone, tra cui molti suoi colleghi, che dopo morto lo hanno raffigurato come un’immaginetta. Hanno descritto il Falcone ‘buono’. Lo era. Ma era soprattutto un uomo di grande pazienza, competenza e straordinaria probità morale che gli faceva rifiutare gli aiuti impropri alle indagini offerti da pentiti disposti a dire quello che lui si aspettava per ottenere in cambio qualche beneficio”. E veniva attaccato, ha aggiunto Martelli, quando questo non corrispondeva alla convinzione politica di qualcuno.

Altre critiche Martelli ha rivolto a chi, richiamandosi all’eredità di Falcone, ha promosso il processo sulla “trattativa” che non ci fu. Ci fu invece una revoca di 41 bis (carcere duro) per mandare un segnale e far cessare le stragi. “E fu un errore – ha concluso – perché chi pecora si fa, il lupo se lo mangia. Ma fu una scelta politica non un tavolo di trattativa. Riina l’interpretò come un cedimento e per dare un altro colpetto esportò le stragi in continente”. E sui magistrati-simbolo del processo sulla Trattativa, Martelli è tranciante: “Gli eredi di Falcone? Sono Boccassini e Gratteri, non certamente Ingroia e Di Matteo”. Anzi, non mancano nemmeno i riferimenti alle contraddizioni dei processi sulle stragi: “Com’è possibile – chiede – che nessuna indagine, nessun processo, nessuna sentenza abbia fatto luce su questa incredibile sequenza di errori? A chi la mettiamo in conto?”.

Giovanni Falcone aveva compreso bene quale fosse il vero carattere di Cosa nostra. “Aveva intuito che fosse un’entità unitaria” ha detto Alfonso Giordano, ex presidente del maxiprocesso a Cosa nostra che ha partecipato a Palermo a un dibattito con l’ex ministro Claudio Martelli. “Falcone e gli altri magistrati del pool – ha aggiunto Giordano – avevano maturato l’idea che la mafia potesse essere colpita e disarticolata. E si è dimostrata un’idea fondata e convincente. Glielo abbiamo riconosciuto con gli atti e con la sentenza”.

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