Tasse subito, il resto chissà: slittano pensioni e sussidi 5s

Non è servita a nulla la moral suasion dell’ultimo minuto delle istituzioni europee. Il Parlamento ha detto sì alla risoluzione di maggioranza che accompagna la Nota di aggiornamento al Def ed ha legato il bilancio dello Stato per i prossimi tre anni alle cifre del governo gialloverde.

Quindi anche allo «scostamento» dagli obiettivi di bilancio che è l’architrave del Bilancio. Deficit al 2,4% nel 2019, 2,1 nel 2021 e 1,8 nel 2021, nonostante i mercati, il rischio rating e l’Ue.

Ma nel Def appena approvato ci sono anche altre cifre. Ad esempio l’aumento delle entrate fiscali per il 2019, che il ministro dell’Economia Giovanni Tria mercoledì ha fissato a 8,1 miliardi. A fronte di futuri tagli alle tasse: 0,6 miliardi il prossimo anno e 2,3 nel 2021, quando entrerà a regime la flat tax per le partite Iva.

Incerti anche i tempi dei provvedimenti più attesi, dal reddito di cittadinanza alla riforma delle pensioni, che potrebbero entrare in vigore a metà del prossimo anno. Il sì è arrivato senza problemi (il Senato ha approvato con 161 sì e 109 no, alla Camera con 331 voti favorevoli e 191 no).

Nella risoluzione che accompagna il Def la maggioranza indica al governo degli obiettivi. L’impegno a una «sostanziale riduzione» dell’aliquota Ires di 9 punti, dal 24 per cento al 15 per cento sugli utili reinvestiti. Poi misure per l’internazionalizzazione. La maggioranza chiede di ampliare la platea dei contribuenti ai quali si applicherà la aliquota agevolata al 15% per partite Iva, professionisti e imprese.

Nella risoluzione c’è anche l’attesa estensione della cedolare secca «agli affitti dei locali commerciali a partire dai cosiddetti esercizi di vicinato». Un messaggio «importante per il settore immobiliare», ha commentato il presidente di Confedilizia Spaziani Testa.

Poi semplificazioni per le aziende. E anche un giro di vite sull’informazione. La maggioranza impegna il governo ad «un graduale azzeramento a partire dal 2019 del contributo del Fondo per il pluralismo», comunque «assicurando il pluralismo e la libertà di espressione». Nella risoluzione c’è anche «il percorso che dà seguito» al referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto.

La spending review è affidata a una cabina di regia del ministero dell’Economia. Così come il coordinamento degli investimenti in infrastrutture.

Poi una «revisione» alle spese militari. Impegno che cozza con le notizie e di questi giorni sull’acquisto dei nuovi F35, smentiti dal ministero delle difesa.

Decisamente impegnativo il compito che la maggioranza affida al governo su tempi europei: «promuovere iniziative» per «correggere l’unione bancaria e il processo di unificazione dei mercati» in modo da «assicurare maggiori garanzie ai risparmiatori italiani».

Argomento caldissimo, visto che le banche sono le prime a pagare la nuova impennata dello spread e che parte delle coperture della legge di Bilancio arriverà da una stretta sulle agevolazioni fiscali a favore degli istituti di credito.

Ieri il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen ha detto che c’è un «rischio contagio» innescato dall’Italia. E ha detto che Bruxelles aspetterà il 15 per conoscere le cifre ufficiali. Come dire, il governo fa ancora in tempo a cambiare. Difficile.

La prossima tappa per l’esecutivo è il decreto fiscale, che conterrà anche la pace fiscale, con lo stralcio delle cartelle sotto i mille euro e l’aliquota agevolata al 15% per i redditi emersi.

IL GIORNALE.IT

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