Manovra, il retroscena: il ritardo sul Def e la fermezza del ragioniere generale diventano un giallo

La nota di aggiornamento del Def non è ancora stata approvata dal governo e questo dà spazio a diversi interrogativi. Intanto ci si chiede se questo prorogare continuo non significhi che è molto difficile far tornare i conti o che ci sia tensione tra chi ha l’obbligo di redigere dati attendibili. Di sicuro tra gli investitori e in Europa cresce l’incertezza. E si insinua un sospetto: qualcuno vuole spaccare il governo e tornare al voto.

Rivela in un retroscena il Corriere della Sera che cinque giorni fa Giovanni Tria è arrivato in Consiglio dei ministri con un Def che sul deficit per il 2019 aveva la cifra dell’1,9% del Pil. E’ uscito, come tutti sappiamo con un deficit al 2,4 per cento per tre anni. Ma solo a parole perché il saldo di bilancio è una variabile fondamentale: se cambia quel numero tutto va ricalcolato.

Tria è tornato dall’Ecofin e la situazione a Roma non era cambiata: far tornare i conti sempre un’impresa. Daniele Franco, il ragioniere generale dello Stato, è un uomo che non accetta compromessi sulla credibilità dei documenti sui quali mette la firma e piuttosto che farlo su un Def che ritiene ambiguo si dimetterebbe. Ma al momento, è sempre al suo posto.

La sua fermezza innervosisce molto il M5s già terrorizzati dalla reazione dei mercati. Un altissimo funzionario delle istituzioni europee commentava “In Italia c’è confusione, sulla manovra hanno cambiato idea cento volte. Temiamo che qualcuno a Roma voglia far saltare il tavolo per andare a nuove elezioni”. Già. Tria non è un ministro politico. Il mese scorso Tria aveva assicurato a Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis sia una discesa del rapporto tra debito pubblico e Pil nel 2019 che la riduzione del deficit strutturale. Questo invece adesso è destinato a un aumento se si resta al 2,4 per cento. E nessuno in Europa ricorda una simile retromarcia…

 

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