Matteo Salvini, il business milionario della mafia dietro il caporalato

Dietro la piaga del caporalato in Puglia, definita dal procuratore Ludovico Vaccaro “tragica, insostenibile”, c’è un fenomeno ben più inquietante dello schiavismo imposto dagli imprenditori locali ai braccianti africani. Le due tragedie in pochi giorni che hanno visto morire in due distinti incidenti stradali 16 persone hanno imposto al governo un tema che non può più essere ignorato.

A Foggia sono subito arrivati il premier Giuseppe Conte, che in questa zona è nato, e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha presieduto il Comitato per l’ordine e la sicurezza, riportando l’attenzione sul legame strettissimo tra l’emergenza immigrazione, che alimenta il sistema di sfruttamento con nuova manodopera a bassissimo costo, e gli interessi fortissimi della mafia anche nel Gargano: “Questo è un problema di mafia – ha detto prendendo le distanze dalla posizione di Luigi Di Maio – non di manodopera in nero e caporalato. Bisogna aggredire i patrimoni dei mafiosi che ci campano e svuotare i ghetti”.

Lo scontro ora si riversa tutto all’interno del governo, con i grillini sempre più convinti che vadano inasprite le pene previste dalla legge contro il caporalato, voluta dal Pd, e i leghisti da sempre critici, perché nel mucchio possono venire colpiti anche gli imprenditori agricoli più onesti: “Per alcuni versi può e deve essere migliorata – ha detto Salvini – e aggiornata per permettere ad agricoltori perbene di poter lavorare legalmente e regolarmente. Ma non voglio – ha concluso il ministro dell’Interno – e non permetto che l’agricoltura foggiana e l’agricoltura italiana venga etichettata come fuorilegge perché pochi usano mezzi mafiosi per arricchirsi”.

 

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